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17/11/24 ore

Ucraina, scontri per l'Europa senza l'Europa


  • Florence Ursino

Il 21 novembre del 2013 l'Ucraina dice no agli accordi di associazione proposti dall'Unione europea e tende la mano alla vicina Russia, ai suoi 15 miliadi di prestiti e a un sostanzioso sconto sul gas. Due mesi dopo il Paese è ancora lacerato e gli scontri tra manifestanti pro-Ue e forze di polizia imperversano per le strade di Kiev.

 

E si contano cinque morti tra i dimostranti, nel corso delle proteste contro il presidente Viktor Yanukovich e contro l'improvvisa approvazione delle leggi che impongono restrizioni al diritto di manifestare: un giro di vite alla libertà di parola ed espressione duramente contrastato dall'opposizione e di cui tanto l'Unione Europea quanto gli Stati Uniti hanno chiesto l'immediato ritiro.

 

Ma la nuova normativa è ugualmente stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, pronta ad entrare in vigore: secondo quanto riportato dal Kiev Post, sono previste accuse penali e pene fino a 15 anni di carcere per la partecipazione a dimostrazioni non autorizzate o per insulti e minacce alla polizia. La legge proibisce, inoltre, di entrare in massa in luoghi pubblici, di formare cortei con più di cinque veicoli, di allestire tende e palchi.

 

Previsto l'arresto anche per chi si copre il volto con un fazzoletto, un casco o per chi distribuisce o utilizza un megafono mentre i parlamentari potrebbero essere processati con il via libera di una commissione indipendente, senza la garanzia dell'immunità.

 

Ciò nonostante per le strade della capitale infuria ancora la battaglia: le forze di sicurezza governative hanno sfondato le barricate innalzate nei giorni scorsi con le carcasse di alcuni autobus incendiati dai manifestanti, iniziando a sgomberare il centro della città e, si legge sull'account Twitter di EuroMaidan (il comitato organizzativo della resistenza ucraina), a sparare sulla folla. Finora sono stati 32 i fermati e almeno 200 i feriti.

 

E non mancano le reazioni diplomatiche: gli Usa hanno espresso “profonda preoccupazione” per l'intensificarsi degli scontri e per le azioni del governo mirate ad “indebolire la democrazia ucraina inasprendo le pene per le proteste pacifiche e togliendoo alla società civile a all'opposizione politica le protezioni giuridiche di base della democrazia”.

 

Per questo motivo, fa sapere la Casa Bianca, “l'ambasciata Usa a Kiev ha revocato diversi visti ai cittadini ucraini legati all'uso della forza contro i manifestanti su piazza Maidan, nel novembre e dicembre dello scorso anno”. Gli Stati Uniti inoltre, ha dichiarato Caitlin Hayden, portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca Usa, “continueranno a considerare ulteriori passi, incluse sanzioni, in risposta all'uso di violenza”.

 

Mosca, dal canto suo, ha espresso il timore che la situazione in Ucraina stia sfuggendo a ogni controllo e rinfaccia all'Europa l'ingerenza in una situazione altamente delicata: “Avremmo preferito – ha spiegato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov – che alcuni dei nostri colleghi europei non si fossero comportati in modo così informale nella crisi ucraina: i rappresentanti di vari governi europei sono corsi alla Maidan senza essere stati invitati e hanno preso parte a manifestazioni contro il governo di un paese con cui hanno legami diplomatici – ha sottolineato Lavrov – E' semplicemente indecente”.

 

E l'Europa? L'Europa ammonisce e disapprova, invita i manifestanti a non far degenerare una situazione già pericolosa e a non dare pretesti a chi ritiene che la crisi non debba essere superata con una soluzione pacifica. Ma l'azione dell'Unione europea finisce lì, in quell'impasse che la caratterizza, nella mancanza di una direzione strategica della politica estera e non solo, nella graduale perdita di forza diplomatica, anche nell'ambito della tutela dei diritti umani.

 

Mentre l'Ucraina mette a ferro e fuoco la sua identità politica e culturale cullando un sogno di integrazione e modernità lontano dall'incantesimo russo, Bruxelles si scontra con una realtà di disgregazione e di insicurezza economica e politica tali da allontanare sempre più l'illusione di poter divenire una potenza centrale sullo scacchiere internazionale, quegli Stati Uniti d'Europa che, al momento, sono semplici stelle gialle su un rettangolo di stoffa blu.

 

 


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