La guerra ha invaso le vie di Damasco. Secondo fonti dell'opposizione, le truppe governative sarebbero entrate con i carrarmati nel quartiere di al-Midan, nel centro della capitale, per mettere sotto assedio i ribelli insediatisi ormai nelle vicinanze di postazioni strategiche del potere.
L'operazione anti-regime, annunciata ieri dai membri dell'Esercito siriano libero e denominata 'il vulcano di Damasco e il terremoto della Siria', mira infatti “a circondare tutti i posti di blocco, le stazioni della polizia, dell'esercito e degli shabiha (truppe pro-regime, ndr) in Siria” e esorta il popolo a “combattere violentemente in risposta ai massacri e ai crimini barbari compiuti dal regime del presidente Bashar al Assad”.
Violenti scontri (i comitati locali di coordinamento dell'opposizione parlano di una 'svolta' senza precedenti nei 16 mesi di rivolta) si registrano anche nei quartieri periferici della capitale e in altre città come Homs, Hama, Aleppo, Idlib. E sarebbero centinaia le vittime di questa sanguinosa escalation del conflitto siriano, mentre appare sempre più vicina e possibile la spaventosa minaccia dell'utilizzo di armi chimiche da parte del regime di Damasco qualora si sentisse messo alle strette dalla comunità internazionale.
Anzi, secondo l'ex ambasciatore siriano in Iraq che ha abbandonato il governo di Assad, Nawaf Fares, “ci sarebbero informazioni, naturalmente non confermate, che armi chimiche siano state già utilizzate parzialmente contro la città di Homs”. Intanto oggi a Mosca l'inviato dell'Onu per Siria, Kofi Annan, sarà ricevuto dal presidente russo Vladimir Putin per – spiega un comunicato del Cremlino - “impedire un ulteriore degrado della situazione in questo paese chiave del Medio Oriente, e quindi prevenire la destabilizzazione a livello regionale”.
In realtà la posizione della Russia, fino a questo momento sostenitrice di Assad, non pare sia sul punto di cambiare: Serghei Lavrov, ministro degli Esteri, ha anzi definito “irrealistiche” le pressioni dell'Occidente su Mosca affinchè persuada Assad ad abbandonare la Siria, accusando inoltre le potenze occidentali di star “ricattando” Mosca con la minaccia di non prolungare la missione degli osservatori delle Nazioni Unite, che scadrà il 21 luglio. All'orizzonte, dunque, non sembra per il momento profilarsi alcun possibile accordo.
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