Di doman non c'è certezza…e i radicali non “hanno mai avuto la sensazione di un futuro certo”, come ha ricordato Emma Bonino, all’XI Congresso di Radicali Italiani, a quanti dimostravano di avere troppa “fretta”: fretta di decidere, fretta di sapere con chi allearsi in vista delle prossime tornate elettorali regionali e nazionali, a cui si è unita quella smania di presentarsi con tanto di lista Radicali Italiani come parte che prescinde dal tutto, ovvero dalla cosiddetta “galassia”.
In definitiva, è stato questo il casus belli che ha ravvivato – diciamo - l’annuale rito del ponte di Ognissanti, che altrimenti sarebbe scivolato senza particolari sussulti e che ha visto i militanti di Radicali Italiani spaccarsi sulla modifica della statuto in una parte solo in apparenza di poco conto.
Si è trattato in sostanza di formalizzare col sigillo statutario una regola non scritta: che Radicali Italiani, in quanto associazione costituente il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito e parte di un sistema più complesso, non può presentarsi in quanto tale alle elezioni. Prerogativa, questa, riservata alla Lista Pannella, soggetto politico blindato e non scalabile posto a garanzia di tutto e di tutti.
Certo, visto dall’esterno, non è facile comprendere il caotico sistema che gira intorno al leader carismatico Marco Pannella: la miriade di associazioni, i soggetti costituenti l’entità transnazionale per certi aspetti quasi astratta, la galassia radicale, la lista Pannella...
Visto dall’interno, o quasi, sono invece emerse al Congresso, una volta di più, le difficoltà che vive l’intero movimento, in un contesto – per riprendere ancora le parole di Bonino – di “disgregazione del Paese che rischia di contagiare anche” i radicali. I presupposti ci sono tutti e sono affiorati senza pudori nel corso della maratona di parole che contraddistingue sempre le kermesse pannelliane.
Di fronte a una crisi chissà quanto reversibile di Radicali Italiani, c’è chi ha provato, poi, a dare un senso a chi un senso non ce l’ha, con il tentativo di fornire all’associazione la legittimità di un soggetto politico a tutto tondo e con tutti i crismi. Paradossalmente, però, provando a far venir meno anche il motivo della stessa sua esistenza, che il Leader ha voluto fin dal principio aliena da logiche elettoralistiche e con un preciso compito.
Alla fine, anche se per soli tre voti, la linea affrancatrice non è passata. E insieme ad essa sono svanite anche le velleità del papabile alla segreteria Lorenzo Lipparini. Dall’inizio del congresso fino a quasi la fine è stata infatti viva la sensazione che fosse finita l’era Staderini. Poi tutto si è appianato, anche Cappato è rientrato nei ranghi e la triade uscente (Staderini, De Lucia, Viale) è stata confermata.
Adesso, in attesa del partito che non c’è – quello Radicale, non certo Radicali Italiani – gli eletti al vertice avranno il compito almeno di non far rimpiangere i predecessori, nel caso specifico sè stessi. L’impresa non è titanica. Ma si sa, al peggio non c’è mai limite.
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