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05/12/25 ore

Quale ruolo per il partito di Conte nella recita politica?


  • Luigi O. Rintallo

 

 

Già da tempo, i commentatori politici si dividono sul dilemma se sia il PD di Elly Schlein a porsi al seguito dei 5 Stelle di Giuseppe Conte oppure se sia il contrario, e cioè che Conte abbia artatamente collocato il movimento che fu fondato da Grillo e Casaleggio sulla scia della forza cardine del centrosinistra.

 

Chi consideri le mosse del partito di Largo Nazareno non può che registrare un’affannosa rincorsa delle posizioni più demagogiche dei pentastellati, cominciata in realtà ben prima che Elly Schlein ne divenisse segretaria. La possiamo far iniziare con l’improvvisa conversione del PD in favore della riduzione dei parlamentari, usata come merce di scambio per tornare nuovamente al governo nel 2019 dopo che il Quirinale – anziché richiedere il voto in aula o affidare un nuovo incarico – concesse tempo allo stesso premier Conte per confermarsi a Palazzo Chigi sostituendo la Lega con il PD e i dalemiani di Liberi e Uguali.

 

Proprio quel passaggio di sei anni fa, sovente trascurato, palesa come la figura di Conte sia ben diversa da quella di capopopolo alla Melenchon, con cui è presentato talora sulla ribalta dai cronisti politici, assecondati in ciò anche dal diretto interessato che con scaltrezza levantina ha cavalcato in questi mesi ogni manifestazione che intercettasse ogni forma sia di sentimento, sia di ri-sentimento prepolitici. 

 

Al fianco dei pro-pal, appiattiti sui deliri del fanatismo di Hamas, o dei magistrati militanti di un’anti-mafia più virtuale che reale, dopo quanto emerso dai pm di Caltanissetta sull’insabbiamento dell’inchiesta Mafia-appalti che ha coinvolto gli ex procuratori Pignatone e Natoli, Giuseppe Conte è parso collocare i 5Stelle sul fronte più estremo del cosiddetto Campo largo.

 

Ma è davvero così? In realtà, il leader dei 5Stelle, appena riconfermato (senza alternative) dall’assemblea degli iscritti, appare piuttosto un’emanazione dei substrati del potere fondato sugli interessi corporativi. Il carattere camaleontico che lo contraddistingue proviene per l’appunto dalla funzione che è chiamato a svolgere di volta in volta. Tant’è che oggi, nell’ennesimo ribaltamento di ruoli, il suo nome è indicato quale candidato premier della coalizione di Centrosinistra perché più affidabile ed esperto di Elly Schlein, che sarebbe sbilanciata e poco appetibile per gli elettori “moderati”.

 

Un’ipotesi non solo giornalistica, visto che dall’interno del PD le forniscono credito, facendo trapelare motivazioni invero ben poco commendevoli legate come sono agli auspicati vantaggi che ne deriverebbero in termini di future postazioni nei ministeri, più di peso per i democrats qualora a Palazzo Chigi vi fosse un presidente pentastellato.

 

Chissà se tali piroette avranno ancora esito favorevole per l’avvocato di Volturara Appula prestato alla politica. Non mancano coloro che assimilano il suo ruolo a quello recitato dodici anni addietro da Gianfranco Fini, quando si illuse di giocare da protagonista una volta scalzato dal governo Silvio Berlusconi. Non finì come credeva e ben presto si eclissò.

 

Senza dubbio, Conte ha impresso una mutazione omologante al Movimento 5 Stelle, sebbene non sorprenda più di tanto: che esso non avesse nient’affatto le sembianze di un soggetto realmente alternativo lo presentimmo per tempo. La definitiva conferma giunse alle elezioni europee del 2019, quando i 5 Stelle impostarono la loro campagna ricalcando il mainstream informativo e mediatico, calibrato sulle direttive del politicamente corretto e sull’uso strumentale del giustizialismo.

 

Una campagna che, alla prova dei fatti, si rivelò priva di appeal per i suoi elettori, che in più della metà rispetto all’anno prima dirottarono il loro voto altrove. Nel non aver preso atto di quel dato incontrovertibile sta l’inizio di una parabola discendente, che difficilmente potrà essere invertita con le acrobazie trasformistiche.

 

(Foto da il Riformista)

 

 


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