Pier Paolo Pasolini morì assassinato all’Idroscalo di Ostia nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975. I cinquant’anni trascorsi da allora sono l’occasione per una serie di iniziative per ricordarlo e svolgere una riflessione sul suo operato all’interno del dibattito culturale.
Fra queste, lunedì 26 maggio si è tenuto proprio a Ostia, presso il Teatro del Lido, un convegno organizzato dal Comitato nazionale per le celebrazioni dal titolo “Il poeta che non muore”. Oltre al presidente del Comitato, prof. Giulio Ferroni della Università “La Sapienza” di Roma, vi hanno partecipato accademici, politici e giornalisti, che hanno relazionato davanti a un pubblico composto da giovani studenti sulla figura dell’intellettuale scomparso tragicamente.
Come già avvenuto tre anni addietro per il centenario della nascita, non sembra tuttavia che si registri un’inversione di tendenza circa l’effettiva capacità di questi incontri di promuovere una significativa disamina del ruolo “altro” rivestito da Pasolini nei confronti del contesto culturale, caratterizzato per lo più da letture ideologizzate poco inclini a sganciarsi da considerazioni precostituite intese per lo più a conformarsi ai dettami imposti dalle logiche di schieramento.
Alieno da ogni omologazione, Pasolini ha assunto posizioni spesso contrastanti con quelle prevalenti fra gli intellettuali e che – oggi – riscopriamo addirittura come anticipatorie di processi sviluppatisi recentemente.
Dall’interpretazione della destabilizzazione provocata dagli “opposti estremismi” che risulta “stabilizzante” per il potere, all’avvertimento di come i diritti potevano essere sottoposti a una deformazione dal “tradimento dei chierici” finto-progressisti, Pasolini è risultato sempre “scomodo” e a ben vedere isolato.
Lo si comprende assai bene leggendo l’ultimo intervento pubblico da lui scritto in occasione del congresso del Partito Radicale, pochi giorni prima che venisse ucciso. Proprio da questo, più volte citato ma ben poco meditato, prende avvio la conversazione con il direttore Giuseppe Rippa.
(Agenzia Radicale Video)
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