In vista del prossimo voto politico, su giornali e tv è tutto un affastellarsi di ipotesi e prefigurazioni circa le future alleanze tra partiti e i modi in cui i meccanismi elettorali potranno incidere sul risultato che si registrerà nella notte di domenica 25 settembre.
Invece di addentrarci su questo terreno, è forse preferibile svolgere alcune considerazioni sui caratteri sociali che si possono individuare nel corpo elettorale, anche perché tutto sommato incidono più in profondità sulla fisionomia che assumerà la rappresentanza politica futura. Per farlo, possiamo riferirci all’esito delle ultime elezioni che hanno riguardato l’Assemblea nazionale francese.
Nonostante le indubbie differenze tra Italia e Francia, non crediamo si discostino più di tanto gli assetti delle due realtà e le configurazioni dei vari comparti che distinguono le rispettive cittadinanze.
Dopo le elezioni di primavera, si sono delineate tre grandi aree contraddistinte fra l’altro da una certa promiscuità al loro interno, che finisce per opacizzare obiettivi e prospettive di cui esse sono espressione.
Semplificando abbiamo l’area dell’establishment e della parte meno esposta alle scosse provenienti dalla mutevolezza legata all’incertezza in cui oggi viviamo: è l’area che ha trovato nel partito di Macron il fattore di aggregazione, convogliando su En marche porzioni importanti sia del gollismo, sia del socialismo mitterandiano.
Vi è poi l’area di sinistra che mette in discussione il paradigma globalista ed europeista, dando voce a un arco di soggetti – non certo irrilevante – dove convivono la tradizione del mondo del lavoro operaio e nuovi conglomerati sociali, che hanno patito le conseguenze di marginalità imposte dal processo di globalizzazione.
Su quest’area scorrono venti contrastanti, che da un lato spingono a difendere le ragioni di protezione sociale e dall’altro a produrre contestazioni di “sistema”, che non disdegnano nemmeno di creare vere e proprie enclavi irregolari e tentate dalla illegalità diffusa come strumento di resistenza rispetto agli svantaggi provocati dalle trasformazioni in atto.
Infine, la terza area è quella calamitata dal Front National, dove convive il lavoro autonomo penalizzato e la rivendicazione sovranista, in opposizione all’europeismo tecnocrate riconosciuto come garante soltanto dei grandi potentati finanziari e delle multinazionali.
Questa tripartizione sociale può riscontrarsi anche nell’Italia di oggi. Soltanto che, a causa di quelle che il direttore Giuseppe Rippa spesso indica come le “conseguenze della società delle conseguenze”, il nostro tessuto sociale è molto più sfibrato cosicché stenta ancor di più a individuare una rappresentanza politica in grado di esprimere concretamente una prospettiva progettuale minimamente coerente.
Il PD che mira a presentarsi come forza dell’establishment filo-UE, per esempio, non riesce a configurarsi come una versione macroniana perché zavorrato irrimediabilmente dalle spinte conservatrici al suo interno, che lo trasformano solo in un apparato interessato a preservare un controllo oligarchico del potere.
E d’altra parte l’agitarsi dei cosiddetti centristi (Azione di Calenda o Italia Viva di Renzi) dà in generale un’impressione di inaffidabilità, che impedisce di aggregare una proposta convincente sul piano politico immediato, tanto più che queste elezioni sono state fissate a breve con il chiaro scopo di non consentire agli esponenti del perimetro centrista di organizzarsi tanto da porre condizioni al PD.
Quanto ai 5Stelle di Conte, non è escluso che si riprometta di proporsi come una sorta di Melenchon, anche se per fare ciò occorrerebbe un retroterra organizzativo e culturale che francamente non pare davvero delinearsi.
Il Centrodestra a trazione di Fratelli d’Italia potrebbe in effetti attirare lo stesso elettorato che in Francia ha optato per la Le Pen, ma anche in questo caso si riscontrano molte variabili che contraddicono tale capacità.
Resta il fatto che l’Italia di domani ha da fare i conti con porzioni sociali dagli interessi contrastanti e che ben difficilmente il prossimo Parlamento riuscirà a contemperarli o per lo meno a veder prevalere un chiaro indirizzo programmatico che vada in un senso o nell’altro delle domande provenienti dalla società.
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