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17/11/24 ore

Caro Polito, non accettare sulla Giustizia schemi distorti e dannosi


  • Luigi O. Rintallo

Antonio Polito, editorialista del «Corriere della Sera», è recentemente intervenuto sulla riforma del processo penale presentata dal ministro Marta Cartabia. Improntato, come di consueto, a un punto di vista di buon senso e alieno da pregiudizi ideologici, Polito auspica un equilibrio fra l’esigenza di garantire tempi certi ai procedimenti e quella di scongiurare che la scadenza dei termini neghi il perseguimento della giustizia.

 

La riforma proposta da Marta Cartabia pone un parziale rimedio all’esito più discutibile dell’abolizione della prescrizione voluta dal predecessore Alfonso Bonafede, vale a dire l’indeterminatezza dei tempi di conclusione dei processi, che era il risultato – secondo Polito – dell’insinuarsi nella coscienza collettiva della pregiudiziale “presunzione di colpevolezza” verso gli indagati in spregio al dettato costituzionale. 

 

La deriva giustizialista si è imposta negli ultimi decenni a livello mediatico e, attraverso l’affermazione di movimenti demagogici come i 5Stelle, ha originato anche deformazioni gravi dello Stato di diritto assecondando oltre il dovuto il protagonismo di settori della magistratura.

 

La cosa preoccupante è che questa modifica profonda, come scorie radioattive devastanti, ha inciso pure sugli argomenti di un osservatore razionale e posato qual è Antonio Polito. Tanto da portarlo a concludere l’articolo con una proposta paradossale: visto che l’indignazione giustizialista riguarda i reati dei politici, “togliamola per i politici questa prescrizione… ma ripristiniamo una ragionevole durata del processo per i semplici cittadini”.

 

Pur considerando il suo accento paradossale, resta il fatto che ormai si accetta di confrontarsi con schemi mentali distorti e dannosi, per di più lontani da una presa d’atto della realtà. Che la prescrizione non abbia riguardato i grandi processi ai politici è dimostrato, infatti, dall’esito delle accuse contro Craxi giunte a sentenza definitiva della Cassazione nell’arco di tre anni.

 

E di certo non mancavano gli avvocati capaci di ricorrere a cavilli, per cui si deduce che la prescrizione è in realtà un falso problema, abilmente enfatizzato sui media per depistare dalla faziosità e dalla discrezionalità sfociata in arbitrio di alcuni magistrati. 

 

Assecondare argomenti deliranti significa sabotare in partenza ogni intervento realmente riformatore della giustizia italiana. Che ciò avvenga anche grazie alle penne di chi dovrebbe esprimere le ragioni liberali e non ideologiche lascia più che mai perplessi.

 

E convince ancor di più che senza i referendum radicali, per i quali è in corso presso i gazebo la raccolta delle firme, ben difficilmente si avrà ragione degli esiti devastanti provocati dallo straripamento dell’ondata demagogica e anti-politica.

 

 


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