La manifestazione del 30 settembre a Piazza del Popolo per il Partito Democratico è stata un’occasione per cercare un rilancio della sua capacità di iniziativa. Bisogna riconoscere che, nonostante gli sforzi del segretario pro tempore Martina, gli esiti non sono stati affatto incoraggianti.
Il problema è rappresentato in primo luogo da una mancanza di credibilità della classe dirigente del partito. E non è solo da far risalire agli effetti della parabola renziana, ma riguarda un dato di fondo sulla natura e sulla prospettiva che i democrats intendono darsi in Italia.
Dopo aver trascurato e ostacolato in ogni modo una presa di coscienza della “questione liberale” all’interno dello schieramento genericamente progressista, il PD non è nelle condizioni di promuovere alcuna reale inversione di marcia.
Lascia quanto meno perplessi sentire oggi Martina che intende combattere “per una nuova Europa non quella che c’è”, dopo che per quasi due lustri non si è fatto altro che inseguire supinamente le indicazioni degli eurocrati. Quasi si ignorasse quanto fossero inidonee alla soluzione della crisi in atto, come pure oggi si riconosce perfino a Bruxelles riferendosi al trattamento riservato alla Grecia.
Altrettanto disturba, durante i talk show, veder ricorrere taluni esponenti a slogan come “Stati Uniti d’Europa”, senza nemmeno comprenderne la portata semantica che è lontana anni luce dal modo di gestione verticista ed etero diretto che ha contraddistinto l’azione della sinistra in Europa.
Non è stato forse il Partito socialista europeo, di cui il PD è parte e componente magioritaria, ad agire di converso con i cristiano-democratici per costituire una Unione somigliante piuttosto a un appesantito buro-impero che non al modello federalista auspicato dal Manifesto di Ventotene?
A poco vale rivoltare la frittata, come fa Zingaretti, accusando i sovranisti nostrani di essere una succursale locale di chi odia il Paese e funzionali alle mire degli anti-europeisti nel Mondo (da Trump a Putin), quando si è dato campo libero non alla unità politica del Vecchio continente, all’Europa federalista, ma soltanto all’egemonia franco-tedesca, espressione questa sì del retaggio nazionalista che rende asfittica la politica europea nello scenario internazionale.
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