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17/11/24 ore

Legge elettorale … con fiducia


  • Silvio Pergameno

I vittoriosi del 4 dicembre la hanno presa proprio male per il voto alla Camera del 10 ottobre sulla legge elettorale, passata con il sostegno della “fiducia”, cose che non si fanno specialmente sotto elezioni, Vero.

 

E le motivazioni delle proteste sono note e si richiamano nella sostanza al vulnus inferto al principio della rappresentanza. I prima fila i “5 Stelle” che, come è noto, si fanno portavoce di una rappresentatività diretta, non mediata in alcun modo.

 

Quello che si osserva è però che in tale contesto quella che non viene in considerazione è la rappresentanza al livello delle istituzioni dei tanti interessi e problemi, spesso della massima rilevanza, ai quali la governabilità deve assicurare un’adeguata gestione, ma che in genere non riescono a toccare la sensibilità diffusa, come quelli attinenti alla politica internazionale, a quella fiscale, in gran parte a quelli della giustizia o della difesa….  E spesso sono proprio quelli che richiedono decisioni molto difficili, ma fondamentali per una nazione e una popolazione.

 

In generale il compito di un governo, preso nella sua interezza, è proprio quello di assicurare la governabilità, ragion per cui al governo deve essere assicurata la possibilità di far fronte a questo compito.

 

La necessità della rappresentatività pertanto comporta che i rappresentanti debbono esser messi nella condizione di poter assolvere le funzioni cui sono chiamati, di poter affrontare problemi le cui soluzioni non sono prefabbricate, ma richiedono valutazioni discrezionali di altissimo livello e un impegno totale della propria coscienza, che solo la piena libertà può garantire.

 

La nostra costituzione si è espressamente fatta carico di questa necessità, stabilendo nell’art. 67 che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. È una norma legata alla cultura liberale ed è per questo che non soltanto non se ne sente mai parlare, ma che di essa è stato fatto strame, e che attraverso questa opera nefasta si è scatenata la costruzione della partitocrazia. Ma per la nostra tanto esaltata costituzione deputati e senatori non rappresentano né gli eletti né i partiti...

 

È una situazione dalla quale non è facile uscire, occorrerebbe un lungo impegno, tanta buona volontà e un profondo rinnovamento culturale; tentativi di compiere qualche passo in avanti sono trent’anni che si tenta di farne, ma sono tutti falliti, compreso l’ultimo per il quale si è votato il 4 dicembre, con l’esito che conosciamo e che ben corrisponde all’assetto largamente corporativo di un paese, nel quale la democrazia viene in una misura molto ampia confusa con la prassi di accontentare in qualche modo le richieste di gruppi, settori, corporazioni… anche se esistono, certo, campi, interventi, gestioni ispirati al principio dell’interesse nazionale e generale.

 

Ma la governabilità nel suo complesso non è assicurata, il Parlamento nel suo complesso è frazionato, con gli esiti che ben conosciamo e la spinta verso sistemi elettorali proporzionalistici né è la testimonianza più evidente.

 

 


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