di Angiolo Bandinelli
“Anziché deprecare il populismo cercando di delegittimare i nostri competitori politici, dovremmo cercare di metterci in sintonia con il popolo”. Lo ha detto recentemente Massimo D’Alema. A fare una attenta esegesi filologica dell’espressione ne verrebbero fuori delle belle.
Dovessi dare un nome simbolicamente rappresentativo di cosa è e cosa esprime, oltrechè di cosa è stato, al meglio come al peggio, il Partito Democratico, direi Massimo D’Alema. Non sarebbe una sorpresa, del resto. Anche se “rottamato” da Renzi, costretto ai margini, o a deboli accordi con un improbabile Bersani, comunque incalzato da più giovani generazioni, probabilmente sconfitto (al momento in cui scrivo queste note così appare) nelle primarie di partito, tuttavia D’Alema incombe, temuto anche quando snobbato. Si è attribuita la vittoria del “no” referendario che ha affondato Renzi ma ha anche silurato una importate iniziativa riformista, necessaria al paese. Credo abbia ragione chi rivendica (anche) a lui l’espressione “tra la verità e il partito io scelgo il partito...".
E’ cosa credibile, perché in lui la storia del PD ancora si fonde con quella del PCI, e può persino evocare quel Palmiro Togliatti che sembra lontano ida noi, collocato in un tempo che la più tenace memoria stenta a far rivivere. D’Alema è perfetto interprete di un modo di concepire la politica, e il potere , come proprietà personale o quasi, intendendo con ciò che per un D’Alema, come per Togliatti, il partito si identifica con se stessi: in modo carismatico e “soft” per Togliaitti, arrogante e brutale per D’Alema.
Renzi diceva di voler e dover rottamare una classe dirigente che si impersonava in Bersani, ma forse perché temeva di prendere direttamente petto D’Alema. La figura di Bersani si è infatti impalllidita, dietro a ognuna delle manovre che insidiano Renzi si insinua il nome di D’Alema. L‘ultima mina che (forse) potrà impedire la rentrée di Renzi sarà stata fabbricata in una sede dalemiana. Così, più o meno, la trasformazione del PD in un moderno partito “socialista” sarà ancora una volta un fallimento. C’è chi ci provò mezzo secolo fa. Nel marzo del 1959 Marco Pannella pubblicò sul quotidiano romano “Paese Sera” un articolo in cui sostenne...
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