Londra non trova pace, e presenta in questi giorni fenomeni imprevedibili. Londra è per noi la città del sindaco di sinistra indiano, la città che al referendum dell’anno scorso ha votato “restare” in Europa e che oggi diventa irriconoscibile, deviante.
La tragedia dell’incendio del grattacielo trasformato in un rogo, perché sovraccarico di materiali infiammabili è un fatto indegno, che mai avremmo supposto possibile in una grande città al di là della Manica, dove a ogni passo monumenti, tradizioni e memorie ricordano una democrazia costruita giorno dopo giorno, penetrata a tutti i livelli, con il rispetto delle leggi.
E l’inglese che si lancia con l’autoveicolo contro i musulmani che escono dalla moschea ci lascia di sasso. Vero: è stato arrestato, ma non si tratta di questo. Gli episodi ricordati rivelano un malessere che non manca di manifestazioni politiche, come ad esempio la Brexit, ma più ancora la scarsa incisività dei Labour di Jeremy Corbin proprio in quest’ultima campagna elettorale, nella quale il segretario del partito ha perduto un’occasione storica per battere una rivale, non certo in vena di grandi performance.
È vero che nonostante tutto ha guadagnato, grazie agli errori dell’avversaria, oltre il 9% dei suffragi, ma non è stato in grado di proporre una sfida, non ha avuto il coraggio di farsi portatore del nuovo, di affrontare cioè la mondializzazione nella quale siamo costretti a vivere, cioè dominata da un potere finanziario che non siamo in grado di affrontare. E anche l’UK non lo è. E Corbin si è mosso con un occhio al passato, denunciando un partito di Tory che di fendono i ricchi, non facendo loro pagare le tasse….
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