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17/11/24 ore

Macron presidente


  • Silvio Pergameno

Diciamo la verità: con la vittoria di Macron tutti i democratici (anche quelli presunti tali …) hanno tirato un sospiro di sollievo, anche perché la vittoria è stata netta e in misura superiore alle previsioni (il distacco è della portata del 40% circa); e nei suoi due discorsi il neo presidente ha interpretato esattamente il senso dell'accaduto, specialmente il secondo, quello al Louvre, quando ha pronunciato con semplicità e senza iperboli parole di speranza, voglia dl futuro, fiducia, coraggio nell'affrontare la difficile situazione presente: terrorismo, forte immigrazione, perdita di posti di lavoro, ripiegamento introspettivo da affrontare e ha fatto appello alle tradizioni più alte della Francia per rivitalizzare la civiltà europea, la libertà europee cui Parigi ha dato nella storia un contributo essenziale.

 

Tutto lascia adesso sperare che avremo domani un soggetto europeo attento ai problemi politici dei momento, che ha capito la necessità di progetti comuni, deciso a difendere l'euro e potenziarne il ruolo: la prospettiva è quella che apre e dà un contenuto all'idea di un'Europa a due (o più?) velocità, l'unica in grado di mantenere in vita il processo unitario allargato, ma rendendo possibile il progredire verso l'unità sempre più stretta a quelli che vi sono disposti.

 

La novità è notevole, perché sulla sponda europea troviamo la Francia più bella al posto di quella che affondava in un nazionalismo introverso e luttuoso, una Francia credibile e che può colmare sul terreno più intrigante la passività di una Germania, che si è leccata le ferite, sia ricostruita una dignità, si è data una struttura economica forte, ma non poteva presentarsi certo come campione della democrazia europea…e che quando ha fatto da sola sul terreno della politica internazionale ha prodotto prima l’ottusa ostpolitik, coronata in un fatto assai riprovevole come l'ascesa di uno dei maggiori esponenti della socialdemocrazia ai vertici del colosso russo dell'energia e per di più mentre la Russia riprende una politica violenta di nazionalismo autoritario, ovviamente volta a sottomettere l'Europa, legando a sé uno alla volta i deboli stati europei.

 

Nel panorama internazionale la vittoria di Macron è una sconfitta per Trump, per Putin e per tutti i populismi che popolano la terra europea, e rappresenta il rilancio di un Francia vera che intende avere un ruolo protagonista. E nel campo interno queste elezioni presidenziali hanno segnato la sconfitta dei diadochi del gollismo (con la rivelazione tangibile della vista corta che lo aveva ispirato: l'Europa delle patrie) e inflitto una bastonate a un vecchio socialismo, nazionalizzato da un secolo e oramai senza speranze, ma dal cui partito è emerso un uomo di ispirazione liberale, chenei volger di un anno ha saputo organizzare centinaia di migliaia di giovani e portare al successouna Francia che assomiglia a quella dei tempi migliori.

 

Dal campo della sinistra esce cioè una novità di rilievo, mentre dalla destra chiuse e protezionista spira soltanto aria di ripiegamento. Marine Le Pan, il cui partito aveva nel passato ottenuto un massino dal 17% dei voti è arrivata al 30%, un successo residuale senza domani. E Macron ha vinto da una posizione europeista nuova, valorizzando la Francia, dicendo: la Francia è l'Europa che è vero, perché la democrazia europea è di matrice francese e la Francia la ha portata in Europa. Ed è stato anche prudente, consapevole cioè del fatto che le sua è una posizione esposta, soprattutto nelle legislative del prossimo giugno dove dovrà sfidare i partiti tradizionali, che sono ben insediati nel territorio, e battersi sul campo degli interessi diffusi e tutelati. Ancor più difficile nei quadro europeo, anche se gli europeisti dovrebbero dargli una mano.

 

Una porta è stata aperta (al Louvre è stato suonato anche l'inno europeo, l'Ode alla gioia, parole di Schiller e musica di Beethoven...), ma la strada è tutta (o quasi ) da costruire e da percorrere… perché dopo uno slancio nel secondo dopoguerra per più di settanta anni al livello europeo si e realizzato soltanto un coordinamento di interessi nazionali, ma è mancata una politica europea. Oggi forse può prendere l'avvio il tanto sospirato cambiamento, perché la democrazia negli stati nazionali sia affogando nei populismi e in Europa … forse vivrà.

 

 


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