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16/11/24 ore

Elezioni in Francia


  • Silvio Pergameno

Il 23 aprile avrà luogo in Francia il primo turno delle elezioni per il Presidente della Repubblica, che si rivelano un passaggio molto rilevante per il futuro di tutta l’Europa, con un panorama politico che presenta – almeno in partenza -  delle novità di non  scarso rilievo, anche se i pubblici dibattiti sembrano focalizzarsi su scontri più…. elettoralistici che di effettivo approfondimento.

 

Ma non si può trascurare il fatto che il candidato della destra” républicaine”, Franços Fillon è esponente di quel gollismo sociale, tutore dell’indipendenza Nazionale e del ruolo della Francia nel mondo… (ci asteniamo da commenti…), ma si trova in difficoltà per questioni di scorrettezze amministrative di cui è stato accusato. Né si può far finta di non rendersi conto che su questo terreno Marine Le Pen, leader del Front National e data in testa nel primo turno, può apparire anche altrettanto, se non più, credibile.

 

Il Partito socialista appare invece in difficoltà: Hollande non si ripresenta, Benoit Hamon, il candidato del partito, esponente della sinistra, si trova in concorrenza con Jean Luc Mélenchon, fuori dal partito ormai da vari anni, candidato di estrema sinistra, sostenuto anche dai comunisti, mentre la destra moderata ha subito l’uscita di Emmanuel Macron, anche lui di provenienza socialista, ma di ispirazione liberale ed europeista, che appare come un candidato forte nel confronto con Marine Le Pen e ha anche il sostegno di Manuel Valls (già capo del governo con Hollande, fino a pochi mesi fa).

 

Una sintesi dei recenti sondaggi sull’esito del voto vede Macron al primo posto il 23 aprile con il 25,5% dei voti, seguito da Marine Le Pen al 25%: i due candidati che andrebbero al ballottaggio, seguiti da Fillon  al 17%, Mélenchon al 14% e Hamon al 10%; e nel secondo turno il vincitore sarebbe Macron con il 60% dei suffragi, lasciando m.me Le Pen al 40%.

 

In parole molto semplici: destra divisa e in difficoltà, socialisti frantumati e un uomo sostanzialmente di centro, che ha lavorato come banchiere con i Rotschild e con incarichi di alto rilievo con il Presidente Hollande prima (2012– 2014) all’Eliseo come Vice presidente e poi (2014 – 2016) al governo come ministro dell’Economia e che potrebbe farci assistere a  un’elezione presidenziale francese con un secondo turno marcato dal confronto tra il nazionalismo più compromesso e un’apertura verso nuovi più promettenti orizzonti, quanto meno nel senso di segnare in Francia una sconfitta delle prospettive nazionali più oscure, nel segno di un percorso europeo da non mettere più in discussione.

 

Macron sembra essersi piazzato sul punto migliore per arrivare all’Eliseo, ma comunque un avanzamento resterebbe  nella tradizione politica francese, con un profilo nuovo nel dibattito politico, segnato dal confronto fra nazione da una parte (o meglio “stato”, che non è la stessa cosa, come invece oggi si confonde) ed Europa dall’altra.

 

Certo se vince, come sembra adesso, dovrà confrontarsi con Trump e il suo protezionismo, ma, senza dimenticare, che non mancano alcuni punti che non possono essere trascurati, muovendo dalla constatazione che l’Unione Europea rappresenta comunque un mercato di 450 milioni di persone e che allora il problema di fondo è quello di farlo funzionare come tale, laddove il miglior regalo che si possa fare a Trump, come a Putin, è quello di presentarsi agli appuntamenti importanti in ordine sparso.

 

Dopodiché non credo si possa pensare che le mosse di Trump possano obbligare gli altri paesi a caricare di dazi e contingenti i rapporti commerciali tra di loro. Senza dimenticare inoltre che proprio l’ampia consistenza del mercato europeo è tale da render concrete vere possibilità di concorrenza interna, a meno che alle malefatte di Trump non se ne aggiungano altre…autoctone.

 

Rischio da non sottovalutare, perché liberalismo e concorrenza non hanno mai goduto di buona fama sulla sponda nordorientale dell’atlantico… è cosa nota. Le preoccupazioni quindi non mancano, anche perché la concorrenza non è il laissez faire e la conservazione di un mercato competitivo richiede specifici interventi normativi del potere politico, perché, come scriveva Luigi Einaudi, il mercato, abbandonato a se stesso, mira a creare monopoli.

 

 


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