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18/11/24 ore

Voto amministrativo, che cosa rischia la politica


  • Luigi O. Rintallo

A poco più di sei mesi dal voto amministrativo che riguarderà importanti aree metropolitane come Milano, Napoli e Roma, si possono svolgere alcune considerazioni circa la situazione in versa la politica italiana e le possibili ripercussioni che potrebbero esserci sull'azione del governo.

 

Le grandi città coinvolte nella consultazione elettorale non solo ospitano un'ampia parte della popolazione, ma costituiscono un banco di prova fondamentale per il tipo di problemi che andranno affrontati nei prossimi anni: convivenza con i flussi di immigrati, che per l'appunto si concentrano nelle metropoli; tenuta di uno stato sociale sempre meno adeguato; precarietà delle risorse economiche a disposizione. Problemi che da tempo la politica ha dimostrato di non essere in grado di risolvere, generando il fenomeno del disincanto e della disaffezione dal partecipare al momento più importante di una democrazia com'è il voto.

 

La inadeguatezza della classe politica è manifesta, dal momento che un po' tutti i suoi soggetti - partiti e leader - mostrano la tendenza a defilarsi per affidarsi a esponenti di una società civile che di certo finora non ha dato grandi prove né di autonomia reale, né di una particolare competenza ed efficacia nella quotidiana azione di governo. Le ragioni risiedono nella natura stessa del Paese, nella secolare compressione di ogni istanza fondata sul merito e la responsabilità anziché sulle consorterie e gli interessi corporativi.

 

Il voto del prossimo anno rischia pertanto di trasformarsi o in un esercizio velleitario, o peggio ancora di rappresentare un viatico per un ulteriore arretramento del gradiente democratico delle nostre istituzioni. Già oggi, il fatto che le candidature siano ricercate o tra i funzionari fintamente asettici degli apparati burocratici (che, non va dimenticato, rappresentano per molti versi anche una delle cause delle disfunzioni e dei disservizi patiti dai cittadini), o tra esponenti del mondo imprenditoriale che ripetono vecchi cliché dell'anti-politica, proponendosi come soluzione salvifica senza che ve ne siano i minimi presupposti sulla base delle passate esperienze, è un indizio preoccupante.

 

Dimostra, infatti, che dopo la transizione della cosiddetta seconda Repubblica cominciata con la fine del bipolarismo coatto internazionale determinatasi negli anni Novanta, non si è riusciti finora a delineare alcunché di realmente alternativo. Il governo attuale è il risultato di questo stato di cose e, qualunque sia l'esito del voto amministrativo, non si può prescindere da tale constatazione.

 

 


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