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16/11/24 ore

La misura della vittoria di Renzi


  • Luigi O. Rintallo

Renzi non è riuscito a prendere i voti ottenuti dal PD al suo esordio elettorale nel 2008 (14.099,747 in apparentamento con l'Idv di Di Pietro), ma ne ha comunque ricuperati un bel po’ (11.172.861): rispetto all’anno (8.646.034) scorso si sono infatti aggiunti più di 2,5 milioni di elettori . Quasi tre sono, invece, i milioni di voti persi da un anno all’altro dal Movimento 5 stelle.

 

Com’è ovvio non si tratta delle stesse persone, ma il dato politico è chiaro: Grillo ha subito uno stop e poco conta che il suo sia il secondo partito, perché a tendenza invertita c’è solo da sopravvivere e non c’è posto per sogni di gloria.

 

Ancora una volta, i protagonisti dei media hanno dimostrato di non saper anticipare nulla e fa sorridere oggi sfogliare gli articoli del più grande giornale italiano, dove solo una settimana fa non si contavano gli editorialisti pronti a magnificare il risultato del comico genovese. Abituati a “formare” più che a “informare” hanno compiuto il loro solito esercizio manipolatorio, oscurando dati di fatto e situazioni che non erano certo oscuri, se è vero che su questa Agenzia sono stati più volte evidenziati da Ermes Antonucci.

 

Va detto che gli oltre 11 milioni di voti per il PD, sommati al poco più di 1 milione dell’Altra Europa, costituiscono il consueto plafond degli elettori di centro-sinistra. Con un corollario: rispetto al 2013 la sinistra cosiddetta radicale ha subito un drastico ridimensionamento (750.000 voti in meno).

 

Quella del 25 maggio 2014 è dunque davvero la vittoria di Matteo Renzi e di un partito che non può essere sovrapponibile a quello uscito dalla fusione dei DS e della Margherita. La sovraesposizione del presidente del Consiglio durante la campagna elettorale ha, infatti, coinciso con il sottotono degli esponenti “storici” del PD, forse segretamente desiderosi di un risultato diverso capace di raffreddare le belle speranze del fiorentino. Non è andata così.

 

La frantumazione del centro-destra, sull’altro versante, segna anche qui un momento di svolta perché è chiaro che i 6 milioni di votanti che sono rimasti a casa da un anno all’altro hanno inciso profondamente, determinando un distacco di 10 punti percentuali delle forze di centrodestra nel loro insieme dal PD. Se è vero che gli “alfaniani” hanno eroso poco – tenuto conto che il loro risultato comprende l’UDC casiniana che l’anno scorso correva sola – è anche vero che la critica rivolta a Forza Italia di non essere né carne, né pesce ha avuto seguito.

 

Il calo dei votanti segnala un problema nell’offerta politica. Manca tutt’oggi il “negozio” capace di soddisfare la richiesta che muove da quel circa 15-20 % che negli ultimi anni è andato a incrementare la fisiologica area del non voto, solitamente attestata sul 25%.

 

 


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