Se emerge con sempre più chiara evidenza il conflitto sottotraccia tra i parlamentari del Pd (nominati dalla precedente segreteria Bersani e frutto del dono copioso del porcellum) e la segreteria Renzi, la cui conseguenza è nella partita tra lo stesso neo segretario e il premier Enrico Letta finalizzata al voto anticipato sì e voto anticipato no, merita un approfondimento particolare il tema giustizia così come sembra delinearsi nel modello culturale renziano.
Tutte le questioni relative alla drammatica questione giustizia in Italia sono state sciorinate. Dalla drammatica condizione delle nostre carceri, alle condanne che ci piovono dall’Europa, dai suicidi di detenuti e agenti di custodia, alla inquietante immagine che la presunta patria del diritto proietta di sé nel mondo, dal tentativo vano del presidente della Repubblica di innestare un dibattito parlamentare, questa volta e per la prima volta dopo sette anni con un messaggio al Parlamento che è stato oggetto di assoluta indifferenza dei presidenti delle Camere, al di là delle chiacchiere evanescenti della Boldrini, ai milioni di processi che giacciono inevasi nei nostri tribunali finendo per catastrofare ancora di più un paese in declino e senza risorse per uscire dalla drammatica crisi economica.
Qual è la linea renziana di fronte a questo stato delle cose? Ne illustra i contenuti la responsabile giustizia del Partito democratico, l’avvocato e deputato Alessia Morani in una intervista a La Repubblica di qualche giorno fa.
Lo spunto è il decreto legge del Governo definito impropriamente svuota-carceri sul quale si sono scatenate le prevedibili reazioni dello schieramento che potremmo definire della restaurazione e del mantenimento dello status-quo sulla questione giustizia. Bene la Morani, sollecitata pare proprio da Renzi nella prima riunione all’alba della neo segreteria a dare un segno di vita sul tema su cui intervenivano tutti tranne il suo partito, ha immediatamente messo in moto la macchina del quotidiano de-benedettiano di Largo Fochetti, e ha fatto sentire la sua voce.
Il primo emblematico gesto dell’avvocato marchigiano è stato chiarire di essere perfettamente allineata e coperta (e si presume a nome del segretario Renzi) con il sindacato dei magistrati, l’Associazione Nazionale Magistrati, che aveva sparato la sua raffica di contrarietà nell’audizione alla Camera nella quale si criticava il dl in particolare e di più su un aspetto, la “reiterazione del reato” che a dire del quotidiano andava interpretato come uno stop alle manette facili.
E già, perché il decreto Cancellieri aveva accolto il disegno di legge della deputata Pd Donatella Ferranti sulla carcerazione preventiva. Ecco dunque che, muovendo a destra e a manca (vedi articolo 18 o sussidi ai disoccupati senza stabilire il “chi paga”), anche in questo caso il nuovo Pd renziano mirava a caratterizzarsi in chiave di contrasto con il gruppo parlamentare nel quale non aveva la maggioranza, poco importa se poi si finiva nel vicolo cieco di una posizione a dir poco restaurativa.
Nel merito i fatti sono questi, l’ANM sosteneva che ci sarà una forte limitazione alla discrezionalità del giudice (che stante lo sforamento in alcuni casi nel vero e proprio arbitrio non appariva del tutto improprio), e che le troppe limitazioni ai giudici faceva correre rischi seri alla sicurezza dei cittadini.
Ora se è vero che gli anni di governo del centrodestra, e molti degli atti politici conseguenti, sono stati stupidamente caratterizzati da una vera ossessione in chiave di delegittimazione della magistratura (e questa è da ritenersi una posizione stupida, ottusa, anacronistica in quanto nessuna democrazia può vivere senza magistratura e per i più deboli è l’unica risorsa contro i potenti per ottenere i propri diritti) e che questa posizione ha impedito ogni seria e necessaria azione di riforma, quello che stupisce è che nella politica sulla giustizia renziana (almeno a giudicare da queste prime prese di posizione della Morani) si annullano tutte le anomalie che si sono formate in sessant’anni di perversa partitocrazia, con le logiche corporative che le realizzano e con la successiva lotta di potere tra poteri che ha finito per trasformare in alcuni casi una domanda di verità in un potere e non in una garanzia di giustizia. Anche nella formula di possesso del diritto assoluto di limitazione della libertà.
Nella conferma di completa indisponibilità a qualunque ipotesi di amnistia da parte della Morani, ecco lo snocciolamento di cose che sono un mix di contraddizioni e di demagogia. “ … Io sarei partita dalla carcerazione preventiva, visto che il 40% dei detenuti è in custodia cautelare…” – dice la responsabile giustizia. Bene, ma chi mette in galera una quantità abnorme di persone che poi vengono assolte? E poi se questo avviene per norme assurde come la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi, perché lo stesso Renzi ha boicottato i referendum per la loro abrogazione che sarebbero stati la via maestra per rimuovere un armamentario di norme inquietanti e criminogene?
Morani poi ripropone la solita rappresentazione che ogni buon lettore e amico di Repubblica deve pronunciare (… mai favori a Berlusconi, … è un cittadino come gli altri…) che finisce per fare del cavaliere una vittima e non, come è, un incapace uomo di governo, che non è stato in grado per lunghi anni di risolvere uno solo dei problemi del paese e anzi molti altri ne ha aggiunti.
“L’Anm può stare tranquilla?” – le domanda Liana Milella che la intervista. “Si, perché il nostro obiettivo è riformare la custodia cautelare in modo equilibrato (…?... ndr), ma senza mettere a rischio la sicurezza dei cittadini…”.
Chi potrà sottrarre un dominio a chi se lo tiene stretto stretto… Non è dato di sapere… (G.R.)
La "questione giustizia" e il Partito democratico di Renzi Videoeditoriale di Giuseppe Rippa (Agenzia Radicale Video)
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