Le agenzie danno molto spazio all’ “attacco di Grillo a Napolitano”. Nei titoli ne evidenziano la scortesia, che a dire il vero è meno evidente nella lettura dei contenuti che, anziché sull’età avanzata, insistono sulla parzialità del Quirinale.
Ma il punto è che la carica di Grillo si spiega più che con la critica – del tutto legittima in democrazia – al capo dello Stato, con la necessità di alzare il tiro per nascondere un vuoto: quello dell’iniziativa del suo movimento.
Ad oggi, gli eletti del M5S non sono riusciti a concretizzare nessuna azione davvero significativa, agitandosi in un vacuo ribellismo che pare davvero l’altra faccia del declino della politica.
Anche ora, la gestualità eccessiva dell’ex comico, le sue sparate e provocazioni dimostrano soltanto di essere la controfigura del fallimento di regime nel quale ci dibattiamo. E confermano di non essere in grado, pur avendo conquistato un terzo dei consensi, di fornire gli elementi per una transizione possibile.
Non riesce nemmeno a prefigurarsi come alternativa anti-europea, visto che si affida caparbiamente alla “rete”, che in quanto a rappresentatività è inferiore perfino alla scheletricità cui è ridotta una partitocrazia oramai in affanno da decenni.
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