La Rai ha dedicato, nel “contenitore” di UNO-mattina del 27 settembre, uno spazio alla malagiustizia, raccontando la vicenda di Giulio Petrilli, abruzzese ingiustamente accusato per banda armata e mai risarcito per i sei anni di carcere che ha dovuto scontare e poi ricordando la drammatica e inaccettabile vicenda Tortora. Come hanno rilevato i Radicali dell’Abruzzo, ciò è avvenuto “quando il tempo per firmare le nostre proposte referendarie è ormai pressoché scaduto”.
Il comportamento dell’emittente di Stato si inserisce perfettamente nel “processo di regime” italiano e non va interpretato come semplice atto ipocrita di chi finge di dare rilievo ai temi della campagna referendaria, dopo che per mesi l’ha “silenziata”, con uno scrupolo degno di miglior causa.
In realtà, la Rai svolge in modo scientifico un’opera che si pone agli antipodi dei suoi compiti istituzionali: vale a dire il servizio pubblico di dare ai cittadini l’informazione necessaria a un uso corretto degli strumenti democratici.
Con le sue omissioni, con la sua dis-informazione che, in nome di un pluralismo puramente di facciata, calpesta la reale completezza delle notizie e con l’assurdo circo mediatico dei talk show, la Rai si prefigge il compito di ostruire le arterie attraverso il quale è possibile far pervenire l’ossigeno vitale della democrazia, in un sistema dove da tempo si vive una drammatica crisi della rappresentanza politica.
Da questo punto di vista, a Viale Mazzini è operante il bureau più efficiente della sempiterna strategia che ha distinto l’azione del nostro establishment: sbarrare la strada verso le uscite di sicurezza delle alternative istituzionalmente democratiche e alimentare ad arte le forze potenzialmente eversive.
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