Facendo seguito alle puntuali osservazioni formulate da Luigi O. Rintallo nel suo commento, credo di poter aggiungere qualche altra considerazione sul penetrante documento del Presidente della Repubblica, sul quale la prima sottolineatura mi sembra debba essere quella riguardante il ruolo costituzionale che il Presidente assegna a se stesso, pienamente conforme alla figura del Capo dello stato tracciata nella nostra carta costituzionale.
Napolitano infatti con i suggerimenti a Berlusconi e al PdL nella sua “Nota” conferma pienamente il ruolo non semplicemente notarile del Presidente della Repubblica, quale era stato via via di fatto costruito nei lunghi anni della prima Repubblica, ma quello di garante dell’equilibrio dei poteri che i costituenti avevano voluto, proprio per compensare in qualche modo la preminenza delle assemblee parlamentari sul potere governativo, colpito dal pieno disfavore dopo l’esperienza fascista: si era cioè voluto creare una garanzia, se non proprio una compensazione, un equilibrio assicurato tra i poteri dello stato, una direttiva che trovava anche altre espressioni nel testo della Costituzione, come si vedrà tra breve.
Certamente con Berlusconi e il PdL il Capo dello stato ha, ovviamente in piena correttezza formale, usato il bastone, con precisi richiami al rispetto delle leggi: niente colpi di testa, niente scioglimento anticipato delle Camere, niente grazia di ufficio ed estremo riserbo sul corso di un’eventuale domanda di clemenza presentata dall’interessato. Ma la carota offerta compensa a usura i sacrifici imposti: non tanto per il fatto che Napolitano ha detto che Berlusconi non andrà materialmente in prigione, ma perché ha voluto rassicurare la funzione istituzionale di un partito che rappresenta un terzo dei votanti e il massimo della possibilità affinché questa funzione possa essere esercitata, e fin qui siamo ancora nel campo giuridico.
Ma ha poi fatto ancora di più quando ha insistito sull’esigenza fondamentale del momento politico attuale, caratterizzato dalla necessità del superamento della crisi proprio nel momento in cui si apre qualche speranza, l’esigenza cioè di por finalmente fine a un dibattito politico degenerato in una rissa quotidiana.
E in una fase nella quale proprio il Cavaliere, nonostante le sparate, non perde occasione per rassicurare il governo e domare i più scalmanati tra i suoi, il richiamo al far play democratico appare diretto soprattutto alla sinistra dello schieramento politico, della quale viene, di fatto e indirettamente, contestato il modo di fare politica e la premessa di un agire politico tutto incentrato su un giudizio di negatività totale e indiscutibile nei confronti di Berlusconi l’impresentabile. Siamo al polo opposto non soltanto da quello di noti anchorman televisivi, ma dallo stesso Eugenio Scalfari, che su Repubblica di domenica 11 scorso declamava il 25 luglio di Berlusconi, con i toni imperiali di un parcere victis et debellare superbos.
Resta un’ultima considerazione, nota dolente quest’ultima: ma non ci sembra sia accettabile il principio costituzionale, che Napolitano traccia nella sua “Nota”, riguardante il potere-dovere del controllo di legalità affidato alla magistratura, che confermerebbe quella che abbiamo sempre considerato una funzione suppletiva, purtroppo svolta dalla magistratura, e che comporta l’espletamento di compiti di ricerca di illegalità commesse nell’ambito delle funzioni legislativa e governativa.
Tanto più che la stessa costituzione prevede “i controlli” su tali poteri: la Corte costituzionale che può correggere atti del potere legislativo e la Corte dei conti per quanto riguarda la pubblica amministrazione; anche se su quest’ultimo punto proprio il testo della Costituzione contiene una novità, rispetto all’assetto precedente, che non ci sembra accettabile: la Corte dei conti era infatti considerata una longa manus del Parlamento ai tempi dello statuto albertino, mentre nella nuova costituzione essa è inquadrata tra gli organi ausiliari del governo.
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