Più si avvicina la data delle elezioni del Presidente della Repubblica più si accentuano le turbolenze nel Partito democratico. La delusione per la mancata acquisizione di una maggioranza parlamentare sta creando infatti una situazione che col tempo si va sempre più sfilacciando, grazie anche all’accanimento con cui la Segreteria non ha voluto prendere atto dei risultati del voto.
Lo scenario sembra essere tipico democristiano: quello che si presentava quando si eleggeva il Capo dello Stato con la Dc in piena crisi di centralità politica, con i vari gruppi e le varie correnti intente a organizzarsi per poter meglio trattare.
Tale situazione rivela anche la debolezza strutturale del Pd, nato grazie alleanza fra la parte residuale della democrazia cristiana (la sinistra democristiana) e gli eredi del Pci, mai attraversati da una rivisitazione completa delle proprie motivazioni culturali.
Così, la convinzione di escludere tutte le altre culture ha dato vita a un partito senza che le due componenti contenessero in sé culture democratiche e anche liberali, almeno nella definizione affermatasi nel mondo occidentali.
È dentro questa anomalia che si è sviluppata la crisi del Pd e anche la paralisi del sistema politico italiano.
È bene evidente che a questo punto tutte le situazioni sono a rimorchio di questa premessa, che noi abbiamo definito a più riprese come l’assenza, fin dalla caduta del muro di Berlino, di un confronto con la questione liberale sul piano storico politico e culturale. Cosa che ha prodotto conseguenze gravissime nel nostro paese in un contesto di una grave crisi internazionale ed europea dalla preoccupanti prospettive.
Ne parla Giuseppe Rippa nel video editoriale.
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