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16/11/24 ore

Spending review, non solo di tagli ci vien fatto di parlare


  • Silvio Pergameno

La spending review, come del resto gli altri provvedimenti adottati dal governo Monti, nascono dall’esigenza di provvedere al risanamento delle nostre finanze pubbliche, progressivamente deterioratosi nel corso degli ultimi quarant’anni per l’incapacità della classe politica di dar mano a quelle riforme istituzionali delle quali si discute da pari tempo, ma senza alcun esito, salvo qualche passaggio parziale al tempo del governo Craxi, che non a caso aveva posto, prima di tutto al suo partito, il problema della governabilità e non a caso ne è rimasto distrutto.

 

Provvedimenti dal contenuto economico – finanziario, ma con tutta evidenza di natura strettamente politica e che mettono con le spalle al muro un’intera classe politica, che si è rivelata incapace di riformare prima di tutto se stessa e anche oggi continua a comportarsi sulle tracce del passato.

 

Le riforme che restano affidate alla sua iniziativa, come quella elettorale o quella costituzionale, in quanto al di là del mandato affidato al governo Monti, continuano infatti a languire, sacrificate nei meandri dello scontro tra forze politiche sensibili al solo richiamo elettorale.

 

Come mai in questo contesto ci vien fatto di parlare della Galleria degli Uffizi di Firenze e della Galleria Borghese di Roma? Il discorso resta sul piano cui sopra si accennava. Sul Corriere della Sera dell’altro ieri Carlo Fontana (che si ha motivo di ritenere si tratti dell’ex sovrintendente alla “Scala” di Milano), nel contesto di un intervento sulle ragioni per le quali, un tempo almeno, molti giovani si avviavano alle carriere nelle amministrazioni pubbliche, nonostante assai meno retribuite delle altre (ma depositarie della gestione dei beni comuni e del patrimonio ideale delle funzioni pubbliche) ha ritenuto di far conoscere un dato sconvolgente: i direttori dei due musei d’arte fruiscono di stipendi che a stento arrivano ai millesettecento euro netti al mese!

 

C’è da restare sbalorditi, sol che si pensi al cumulo di responsabilità e al livello culturale indispensabile per poter curare la gestione dei due istituti, celeberrimi in tutto il mondo e che custodiscono patrimoni di inestimabile valore, non meno sotto il profilo patrimoniale.

 

È la testimonianza di un caos nel quale la pubblica amministrazione è sprofondata, nell’incuria protratta nel tempo per i valori fondanti della presenza dei poteri pubblici nella vita delle nazioni: dalla traduzione in atto dei principi della democrazia alla tutela del patrimonio culturale e artistico, alla formazione delle nuove generazioni, alla cura della salute dei cittadini…laddove lo spettacolo a cui troppo spesso è dato assistere, e cui i cittadini ormai apertamente si ribellano disertando le urne, è quello dell’occupazione del potere fine a se stessa.

 

La pubblica amministrazione è ormai un settore o un comparto della lottizzazione e viene gestita con criteri del tutto lontani dai caratteri che dovrebbero contrassegnarne esistenza e modalità operative. La spending review ha tra i suoi compiti anche quello di mettere un tetto agli stipendi di livelli spropositati dei quali è venuta alla luce l’esistenza, ma evidentemente deve anche perseguire la finalità di correggere assurde storture come quelle emerse dallo scritto di Carlo Fontana.

 

E proprio nel quadro di quella crescita economica che oggi si profila come momento essenziale non soltanto sul piano dell’occupazione, ma della stessa soluzione dei problemi finanziari che ci assillano. L’Italia possiede da sola un patrimonio culturale superiore a quello di tutto il resto del mondo messo insieme, ma si comporta come se si trattasse di un peso morto, affidato al deperimento gestito dal tempo e dall’incuria.

 

Il percorso avviato dal Presidente Napolitano sta portando al livello dello scontro politico le tare che ci trasciniamo dietro da troppo tempo e che i meccanismi del regime corporativo che dominano il paese avevano costretto nel silenzio delle non notizie e della marea di trappole accreditate di dignità culturali del tutto fasulle.

 

La spending review può oggi configurarsi come momento di decantazione di un andazzo letale dal quale proprio la crisi economica e finanziaria nella quale siamo avvolti dovrebbe costringerci ad uscire.

La spending review ha tra i suoi compiti anche quello di mettere un tetto agli stipendi di livelli spropositati dei quali è venuta alla luce l’esistenza, ma evidentemente deve anche perseguire la finalità di correggere assurde storture nel senso inverso come quelle emerse da uno scritto di Carlo Fontana sul 'Corriere della Sera' e che riguardano, per esempio, gli Uffizi a Firenze e la Galleria Borghese a Roma.


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