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19/05/24 ore

Mario Monti portatore "sano" di antipolitica


  • Ermes Antonucci

Nell’intervista concessa ieri sera a SkyTg24, l’ex premier Mario Monti, oltre a manifestare il suo conservatorismo fin qui latente e mascherato da sobrio tecnicismo (emblematica l’uscita sulla sacralità della famiglia tradizionale), si è soffermato sulla questione dell’antipolitica.

 

Riferendosi al movimento di Beppe Grillo, Monti ha dichiarato: “Il suo movimento è una grande moderna espressione di dissenso e rabbia. Ha movimentato le rabbie. Quello che abbiamo in comune io e Grillo è una presa di distanza dalla politica tradizionale. Però lui è l’antipolitica, io no. Io non sono l’antipolitica, sono contro la struttura tradizionale e appesantita dei partiti”. “Non credo che la soluzione sia l’antipolitica di Grillo – ha concluso Monti – ma il coinvolgimento della società civile”.

 

La tesi di Monti appare quantomeno ardita. Il fatto che Grillo, sulla base della sua natura demagogica e populista, sia definito antipolitico da chi poco più di un anno fa si è ritrovato, da un momento all’altro, catapultato alla presidenza del Consiglio, calato dall’alto sulla spinta di noti settori dell’alta finanza internazionale, lascia decisamente perplessi.

 

La coscienza intellettuale di Monti, in effetti, non può che spingere l’ex premier a rintracciare una certa comunanza di vedute con l’ostile comico simbolo dell’antipolitica: “Abbiamo in comune una presa di distanza dalla politica tradizionale” dice Monti. La coscienza lo abbandona quando però decide di ergere uno spartiacque tra buona e cattiva antipolitica.

 

L’autodesignato “portatore sano” di antipolitica, in questo caso, sarebbe proprio Monti, che risponde alla vecchia e tradizionale struttura dei partiti con l’evocazione di una salvifica società civile. Grillo, invece, sarebbe il portatore malato di antipolitica, anche se in verità – tra Monti, Ingroia e i vari rappresentanti “civili” – il Movimento 5 Stelle è il soggetto politico che più di tutti elimina l’intermediazione dei partiti per consegnare tutto nelle mani del cittadino medio della società civile (con procedure discutibili, ma questa è un’altra questione).

 

L’idea di spazzare via l’intero sistema partitico attraverso la salita in politica di una fantomatica “società civile” ha conquistato di recente un vasto e trasversale consenso. Appare utile, su questo punto, riportare qui una brillante riflessione che Miguel Gotor, docente di storia moderna presso l’Università di Torino, ha espresso pochi giorni fa durante la presentazione del nuovo libro-intervista di Massimo D’Alema.

 

“L’ondata di antipolitica – ha spiegato Gotor – trova tante forme di declinazione, di carattere populistico e di carattere tecnocratico. Sono naturalmente culture diverse ma hanno alla radice, ciò che li accomuna, questo sentimento antichissimo, che ha un carattere plebeo ed elitario al tempo stesso. L’antipolitica ha forme di destra e forme di sinistra. Si caratterizza come una critica pregiudiziale al sistema dei partiti: essi sono un apparato che produce corruzione. E si caratterizza come un’esaltazione acritica della società civile. Se è società civile basta che respiri, va bene così”.

 

La riflessione di Gotor ci aiuta ad inquadrare il fenomeno-Monti nella giusta dimensione. Un fenomeno che ha tratto origine da una nomina ex machina, distante dai convenzionali meccanismi democratici e dunque dalla politica tradizionale, e che col passare del tempo ha alimentato il suo istinto antipolitico andando a collocarsi, in maniera sempre più netta, al di fuori dell’universo partitico, nella indefinita e celebrata società civile. Insomma, Monti respira, e va bene così.


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