La spending review colpirà anche la Sanità e lo farà senza distinzione di classe. Il processo di deospedalizzazione prevede, infatti, riduzioni dei posti letto e tagli sia alle strutture pubbliche, sia alle case di cura accreditate. Per intenderci, quelle cliniche private che operano in convenzione con Servizio Sanitario Nazionale.
L'obiettivo è portare i letti ogni mille abitanti dagli attuali 4,2 a 3,7. Nella maggior parte delle Regioni il provvedimento corrisponderà a una riduzione anche cospicua dei posti. Solo la Campania, l'Umbria e la Basilicata dovranno munirsi di nuovi posti letto (rispettivamente, il 3,3%, il 3% e lo 0,8% in più), mentre il Molise dovrà operare addirittura un taglio del 33,2%.
Grandi manovre sono previste anche nella Provincia autonoma di Trento, nel Lazio, in Emilia Romagna e in Liguria, dove i tagli previsti sono del 20,9%, del 19,9%, del 17,8% e del 16,2%. Sotto al 15%, invece, la Lombardia (-14,8%), la Sardegna (-14,5%), la Provincia autonoma di Bolzano (-13,2%), il Friuli Venezia Giulia (-13,1%), l’Abruzzo (-12,4%), il Piemonte (-12,3%), la Valle d’Aosta (-11,4%), le Marche (-10,2%), il Veneto (-7,3%), la Calabria (-6,1%), la Toscana (-5,9%), la Puglia (-5,2%) e la Sicilia (-3,8%).
I criteri secondo cui le Regioni dovranno procedere sono stabiliti dagli “standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera” stabiliti dall'Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Ciò che è chiaro è che entro il 31 dicembre dovranno essere depositati i piani di riduzione regionale e che la falce opererà ad un livello ben preciso, quello del limite minimo di 80 posti letto, al di sotto del quale una struttura non avrà più diritto di esistere. Il che significa che il 63,3% delle cliniche private attualmente accreditate non potranno più operare in convenzione con il Ssn.
Secondo Gabriele Pelissero, presidente dell'Associazione italiana ospedalità privata, “non è attraverso un tetto che si può stabilire se una struttura è utile, di qualità o superflua. Occorre fare delle differenziazioni. Per esempio le strutture monospecialistiche hanno soglie diverse rispetto a strutture polispecialistiche”.
La logica su cui si basa questa decisione è, invece, quella secondo cui tanto più una struttura accumula esperienza, tanto maggiore è la sua sicurezza. Per questo stesso motivo sono previste l'eliminazione delle Unità Operative Complesse (U.O.C., i vecchi primariati) “doppie”, la definizione di un numero minimo di interventi da eseguire nell'U.O.C. affinché la stessa possa continuare ad esistere e l'occupazione minima dell'80-90% dei letti.
In realtà i posti letto “tagliati” non saranno aboliti, ma riconvertiti. Resta il fatto che solo lo 0,7% delle degenza potrà essere dedicato alle lungodegenze o alla riabilitazione. Il tutto dovrebbe essere accompagnato ad una maggiore e migliore erogazione delle cure in ambulatori, day hospital e day surgery, che, alla luce dei progressi in campo medico, dovrebbero garantire al paziente gli stessi standard di qualità e sicurezza che dovrebbero essere tipici di una struttura ospedaliera.
L'obiettivo finale, insomma, dovrebbe essere far tornare gli ospedali ad essere il luogo dove si curano le malattie in fase acuta.
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