La crisi economica morde, la concorrenza è spietata e le imprese cercano di correre ai ripari. Lo sta facendo anche la multinazionale Electrolux, che ha preso di mira i suoi stabilimenti italiani, rei di essere poco competitivi. Si stima, per esempio, che un pezzo prodotto a Porcia, in provincia di Pordenone, abbia un costo maggiore di 30 euro circa rispetto allo stesso fabbricato in Polonia. Da qui il rischio che parte della produzione venga trasferita altrove, a meno che non ci si adegui. Come? Razionalizzando la produzione e tagliando gli occupati e il costo del lavoro.
A tal proposito, circola una proposta dei vertici aziendali su cui discutere che punta a un risparmio di 130 euro al mese sugli stipendi medi.
Contro il cosiddetto Piano Polonia si sono mobilitati lavoratori e sindacati: la prospettiva terrorizza. In alternativa c’è però la chiusura di alcuni stabilimenti e il conseguente licenziamento di massa.
Si è chiesto aiuto al Governo, affinché faccia qualcosa: forse un miracolo o un intervento ad hoc, su misura per tenere in vita ciò che la legge del mercato ha reso moribondo. Intanto, si trascura il fatto che gli investimenti si dirigono dove conviene. E oggi in Italia (e questo non vale solo per la Fiat) impiegare soldi risulta altamente improduttivo per tutta una serie di motivi che riguardano il sistema-paese, ormai ben noti.
C’è chi però si ostina a pensare - senza chiedersi perché mai le industrie scappano dall’Italia - che sia un dovere tenere in piedi un’impresa malgrado tutto, magari anche perché in passato si è usufruito di aiuti o finanziamenti. Così, il presidente della Regione Friuli, nonché membro giovane e rampate delle nuova segreteria del Partito democratico, Debora Serracchiani, ricorda che "l'Electrolux, quando entrò in Italia rilevando la Zanussi, ricevette un sacco di soldi, qualche miliardo di lire, dalla Regione”; per questo “dovrebbe ora preoccuparsi di quello che lascia sul territorio dopo che l'ha spolpato".
Mercoledì è previsto il solito tavolo che in questi casi si organizza con il Governo. Verrà illustrata la situazione e si faranno pressioni perché l’Esecutivo intervenga. Ma come? Con un decreto speciale per tagliare il cuneo fiscale in misura pari al Piano Polonia? O altro a fondo perduto da definire?
In alternativa, se i lavoratori non dovessero cedere alla proposta capestro, non resta che contare sulla magnanimità e sul sacrificio-suicidio di una multinazionale in cattive acque.
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