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18/11/24 ore

E venne il Fertility Day


  • Paolo Izzo

Le rotative erano già pronte per stampare migliaia di manifesti littori dove floride ragazze strizzavano stracci o asciugavano piatti e con sguardo ammiccante lasciavano intendere che il momento era giunto.

 

Nelle case delle cittadine più giovani arrivava in dono un severo monito in forma di clessidra e tutte improvvisamente capirono, mentre le loro madri sorridevano complici e consapevoli che di lì a pochi mesi il focolare le avrebbe viste nonne.

 

Uomini di ogni età lasciarono gli uffici, spegnendo le ultime sigarette con sorrisetti compiaciuti, pronti a servire la patria con i loro girini pigri che, però, si sarebbero fatti veloci come Achille e Mercurio in occasione del sommo giorno. Le strade si svuotarono, i negozi abbassarono le saracinesche e le banche sospesero per ventiquattro ore di assillare i debitori per mutui e fidi sconfinati.

 

Le aziende prepararono risme di lettere di assunzione e nelle caserme e nei nidi si progettarono imponenti ampliamenti perché non si giungesse impreparati al tempo in cui i frutti sarebbero maturati.

 

 

Silenziosi laboratori procedettero alacremente per selezionare e depositare molteplici donazioni nei grembi di puerpere volontarie che, pur essendosi impegnate, non avevano conosciuto in tempo gli uomini giusti per dare un senso alla loro femminilità.

 

Tutte le altre donne, che per età o volontà o natura, non erano pronte, furono condotte nelle chiese e nei conventi a meditare su cosa avessero sbagliato, affinché le loro lacrime non turbassero la grande festa. Le straniere immigrate furono lasciate nei centri di detenzione.

 

E venne il Fertility Day.

 

 


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