Meno esecuzioni, ma più condanne a morte. Nel suo rapporto annuale sulla pena di morte nel mondo, Amnesty International fotografa il 2014 come anno nel quale si è registrato un allarmante aumento del numero dei paesi che hanno usato la pena di morte per contrastare reali o presunte minacce alla sicurezza collegate al terrorismo, alla criminalità o all'instabilità interna.
In particolare, c’è stato un significativo aumento delle condanne a morte, almeno 2466 (il 28 per cento in più rispetto al 2013), soprattutto a causa di Egitto (509, 400 in più rispetto al 2013) e Nigeria (659 condanne a morte, con un aumento di oltre 500 rispetto alle 141 del 2013. 509, 400 in più rispetto al 2013.
Per contro le esecuzioni registrate sono state 607, il 22 per cento in meno del 2013 che hanno avuto luogo in 22 paesi, lo stesso numero dell’anno precedente.
Dal calcolo di Amnesty International non si prende in considerazione quanto avviene in Cina, dove sono state messe a morte più persone che il resto del mondo complessivamente,ma il numero è però impossibile da determinare a causa del segreto di stato.
Della lista dei cinque paesi principali esecutori di condanne a morte, fanno poi parte l'Iran (289 esecuzioni rese note dalle autorità e almeno 454 non riconosciute), l'Arabia Saudita (almeno 90 esecuzioni), l'Iraq (almeno 61) e gli Stati Uniti d'America (35).
Nel rapporto Amnesty denuncia la preoccupante tendenza a combattere le minacce alla sicurezza interna ricorrendo alla pena di morte, soprattutto in Cina, Pakistan, Iran e Iraq dove sono state eseguite condanne a morte per reati di "terrorismo".
Il Pakistan ha ripreso le esecuzioni dopo l'orribile attacco dei talebani contro una scuola di Peshawar. A dicembre sono state messe a morte sette persone e il governo ha annunciato centinaia di esecuzioni per reati di "terrorismo". Nei primi mesi del 2015 è stato registrato un alto livello di esecuzioni.
In Cina, il governo ha usato la pena di morte come strumento punitivo nella campagna denominata "Colpire duro", lanciata contro la rivolta della Regione autonoma uigura dello Xinjiang. Durante l'anno, sono state messe a morte almeno 21 persone per tre distinti attentati, mentre tre persone sono state condannate a morte in un processo pubblico di massa tenutosi in uno stadio, di fronte a migliaia di spettatori.
In altri paesi, come Arabia Saudita, Corea del Nord e Iran, i governi hanno continuato a usare la pena di morte come strumento per sopprimere il dissenso politico. Altri paesi hanno fatto ricorso alla pena di morte nel futile tentativo di abbattere i livelli di criminalità.
A dicembre la Giordania ha posto fine a una moratoria che durava da otto anni mettendo a morte 11 condannati per omicidio nel dichiarato intento di porre fine a un'ondata di criminalità. Il governo dell'Indonesia ha annunciato l'intenzione di procedere alle esecuzioni, soprattutto nei confronti di trafficanti di droga, per porre fine a una "emergenza nazionale" relativa alla salute pubblica: intenzione portata a termine nel 2015.
Decapitazione, impiccagione, iniezione letale e fucilazione sono stati i metodi d'esecuzione impiegati nel 2014. Esecuzioni pubbliche hanno avuto luogo in Arabia Saudita e Iran. Prigionieri sono stati messi a morte per tutta una serie di reati non di sangue, come quelli economici o quelli legati alla droga e le rapine, ma anche per atti che non dovrebbero essere neanche considerati reati, come "adulterio", "blasfemia" e "stregoneria". In molti paesi sono state usate vaghe definizioni di "reati" politici per mettere a morte reali o presunti dissidenti.
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PANORAMICHE REGIONALI
Americhe
Gli Stati Uniti d'America hanno continuato a essere l'unico paese della regione a eseguire condanne a morte, anche se il numero è diminuito: da 39 esecuzioni nel 2013 a 35 nel 2014, a conferma del recente declino della pena di morte a livello nazionale. Le esecuzioni hanno avuto luogo in sette stati (erano stati nove nel 2013) e quattro di questi (Texas, Missouri, Florida e Oklahoma) sono stati responsabili dell'89 per cento delle esecuzioni. A febbraio lo stato di Washington ha introdotto una moratoria. Il numero complessivo delle condanne a morte nella regione è sceso da 95 nel 2013 a 77 nel 2014.
Asia e Pacifico
Nel 2014 vi sono stati sviluppi contrastanti in tema di pena capitale. Esecuzioni sono state registrate in nove paesi, uno in meno rispetto al 2013, ma il Pakistan ha annullato la moratoria sulle esecuzioni di prigionieri civili. In tutta la regione, se si escludono Cina e Corea del Nord i cui dati è impossibile confermare, sono state eseguite 32 condanne a morte. L'Indonesia ha annunciato per il 2015 la ripresa delle esecuzioni, soprattutto nei confronti di trafficanti di droga. L'area del Pacifico ha proseguito a essere l'unica zona del mondo virtualmente libera dalla pena di morte, sebbene i governi di Papua Nuova Guinea e di Kiribati abbiano preso provvedimenti per, rispettivamente, riprendere le esecuzioni o introdurre la pena di morte.
Africa Subsahariana
In questa regione si è assistito nel 2014 a significativi progressi, con 46 esecuzioni registrate in tre paesi (Guinea Equatoriale, Somalia e Sudan) rispetto alle 64 esecuzioni registrate in cinque paesi nel 2013, una diminuzione del 28 per cento. Il Madagascar ha fatto un passo avanti quando, il 10 dicembre, l'Assemblea nazionale ha approvato una legge per l'abolizione della pena di morte. Perché diventi legge dello stato, il testo dev'essere ora firmato dal presidente.
Europa e Asia Centrale
In Bielorussia, unico paese della regione a eseguire condanne a morte, almeno tre esecuzioni hanno posto fine a un periodo di assenza di esecuzioni durato 24 mesi. Le esecuzioni sono avvenute in segreto e familiari e avvocati sono stati informati solo dopo.
Medio Oriente e Africa del Nord
Il massiccio uso della pena di morte ha continuato a essere estremamente preoccupante. Iran, Iraq e Arabia Saudita sono stati responsabili del 90 per cento delle esecuzioni registrate nella regione e del 72 per cento delle esecuzioni a livello globale (Cina esclusa). Esecuzioni sono state registrate in otto paesi, due in più rispetto al 2013. Condanne a morte sono state inflitte in 16 paesi, l'ampia maggioranza della regione. Il numero complessivo delle esecuzioni registrate nella regione è calato da 638 nel 2013 a 491 nel 2014. Questo numero non comprende le centinaia di esecuzioni avvenute in Iran e che non sono state ufficialmente riconosciute. Nel 2014, le autorità iraniane hanno riconosciuto 289 esecuzioni ma fonti credibili ne hanno segnalate altre 454, portando il totale a 743.
(Amnesty International)
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