La cannabis, questo fantomatico nemico dell'umanità che plagia le menti giovanili portandoli fuori dal seminato della retta via, è sempre più al centro di un dibattito pubblico che comincia a prendere forma in modo decisamente corposo.
La prima notizia è del 23 luglio scorso, quando i deputati radicali Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Turco e Zamparutti hanno presentato alla Camera la proposta di legge 5380 contenente “norme per la legalizzazione della coltivazione e del commercio dei derivati della cannabis indica” che ricalca una medesima proposta che in passato aveva già trovato consensi diffusi (156 deputati nella XII legislatura).
La seconda notizia è del 26 luglio scorso, quando nella presentazione dello studio “Dalla cannabis all'eroina: evidenze dai dati delle carceri” di Giovanni Trovato e Antonio Vezzani, si è dimostrata l'infondatezza scientifica e statistica delle tesi sostenute da chi afferma che il passaggio dalla cannabis all'eroina (o comunque alle droghe “pesanti”) è un rischio grave per la società. Non una cosa da poco questa, che scardina il dogma principale dell'antiproibizionismo.
Dalla fine di luglio si è scatenato un vero e proprio caos, che preannuncia (è l'auspicio di molti) l'apertura a settembre di un dibattito pubblico serio e consapevole sull'antiproibizionismo. Persino il ministro Riccardi ha dichiarato di non voler sottrarsi al dibattito “sulla legalizzazione delle droghe leggere”, una posizione che ha scatenato immediate reazioni dei proibizionisti più accaniti.
Primo tra tutti l'ex sottosegretario Giovanardi, che ha definito “incomprensibile” la scelta, e la svolta istituzionale, del ministro; tuttavia se la reazione dell'ex sottosegretario era prevedibile, incredibile è la recita del rosario per contrastare la proposta di legge sulla cannabis, una forma di protesta per il mantenimento e l'inasprimento del proibizionismo vigente in salsa cattolico-inquisitoria.
In Europa invece si registrano ai primi risultati del neo-proibizionismo olandese, il cosiddetto wietpas, che dal 1 gennaio potrebbe essere esteso a tutta l'Olanda (Amsterdam e Rotterdam incluse): a Maastricht si assiste ad un inesorabile ritorno degli spacciatori di cannabis “da strada”, che abbordano quasi esclusivamente turisti “delusi” dalle nuove misure governative, i controlli in frontiera si sono decisamente intensificati (con il rischio di una seconda denuncia in pochi mesi ad opera della Corte di Giustizia europea per violazione del principio di libera circolazione) e la spesa pubblica in tal senso è considerevolmente aumentata.
Intanto, in tempi di crisi, i coffeeshops di Eindhoven hanno visto calare il fatturato del 50% (anche del 95% a Breda); alcuni esercizi ormai restano aperti solo mezza giornata, ma per le strade l'attività procede a spron battuto: senza tasse e senza l'obbligo di applicare il 100% di margine di guadagno sul costo finale (secondo la legislazione olandese sul commercio di cannabis), gli spacciatori proliferano in una concorrenza sleale spaventosa.
Insomma, in Olanda si è fermato solo il commercio legale di cannabis: un problema che sarà centrale nella campagna elettorale che sfocerà con il voto a dicembre; la tranquillità che ostentano molti imprenditori, avventori ed antiproibizionisti olandesi è legata alla cultura liberale del paese: si dichiarano tutti convinti che la legge verrà abrogata prima che possa fare ulteriori danni al loro business e, cosa non meno importante, proprio alla loro cultura liberale.
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