A 17 anni diventò un'assassina. Neanche l'amore per quel figlio avuto due anni prima da un uomo che fu costretta a sposare a 14 anni le impedì di premere il grilletto. Questa è la storia di Razieh Ibrahimi, in attesa di essere giustiziata. Questa è la storia di una ragazza iraniana, rea di aver ucciso il marito dopo anni di abusi fisici e psicologici e per questo condannata a morte. Questa è una storia come tante, di orrore e solitudine, di schiavitù e violenza, di ordinaria disperazione e stra-ordinaria immutabilità. E' una storia comune lì, in uno dei tanti paesi in cui l'Islam è ferocia e disumanità e nient'altro.
Razieh, oggi 21enne, quattro anni fa spara alla testa di suo marito, un ex vicino di casa a cui è stata data in moglie dal proprio padre poco più che bambina; gli spara e ne seppellisce il corpo in giardino per poi denunciarne la scomparsa alla polizia. Basta botte, basta umiliazioni. Ma i genitori di lei scoprono la verità e la consegnano alle autorità. Da 4 anni Razieh Ibrahimi è rinchiusa in un carcere nel sud dell’Iran in attesa di essere impiccata.
E Human Rights Watch si mette in prima linea per cercare di salvarla. “Ogni volta che un giudice iraniano decide una condanna a morte per un colpevole minorenne come lo è la Ibrahimi, dovrebbe ricordarsi che lo fa in flagrante violazione delle sue responsabilità che sono quelle di applicare la giustizia in modo equo e imparziale” ha commentato Joe Stork, vice direttore di Hrw per il Medio Oriente e il Nord Africa.
“La magistratura iraniana dovrebbe annullare la condanna a morte comminata a una sposa bambina che veniva malmenata” afferma Stork. Se poi si considera che al momento del delitto Razieh era minorenne e che l’Iran è uno dei firmatari della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici che vieta la pena di morte per reati commessi da minori, l’esecuzione di fatto andrebbe sospesa.
Ma, di fatto, l’Iran è anche il Paese che dal 2009 ha messo alla forca 10 minori, scalando con agilità la classifica mondiale delle esecuzioni di bambini, seguito a ruota da Iraq, Yemen, Arabia Saudita, Sudan e Striscia di Gaza.
Razieh potrebbe essere salvata dalla pietà, quella che dovrebbero concedere, assieme al perdono, i familiari dell'uomo ucciso. Un'ipotesi che al momento appare altamente improbabile: il futuro della ragazza è dunque totalmente in mano alle autorità giudiziarie iraniane, a cui HRW ha chiesto di sottoporre ad una nuova valutazione il caso di questa ennesima, sfortunata sposa-bambina, una delle quasi 30mila che ogni anno vengono condannate alla prigionia di un matrimonio forzato da cui la morte, imposta o ricercata, sembra esser l’unica via di uscita.
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