28 maggio: è scaduto il termine fissato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per risolvere la grave questione del sovraffollamento carcerario. Di misure strutturali, capaci di delineare realmente una svolta, neanche l'ombra. Eppure, pare, secondo voci "qualificate", che gli isolati e superficiali cenni di miglioramento ottenuti con la leggera riduzione del numero dei detenuti permetteranno all'Italia di evitare multe per decine di milioni di euro. Un esito non auspicabile, soprattutto per chi tiene a cuore il rispetto dei diritti umani e dei principi dello stato di diritto.
Con la sentenza “pilota” relativa al caso Torreggiani, la Corte di Strasburgo ha imposto al nostro Paese di adottare entro un anno le misure necessarie a porre rimedio alla constatata violazione all’interno delle carceri dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti. Il meccanismo della sentenza pilota è una procedura che permette alla Corte, attraverso la trattazione del singolo ricorso, di identificare un problema strutturale, rilevabile in casi simili, e individuare pertanto una violazione ricorrente dello Stato contraente.
I ricorsi dei detenuti per violazione dei diritti fondamentali, insomma, sono stati così numerosi, e la loro motivazione legata ad un problema di natura così strutturale, che la Corte ha deciso di congelare tutti i casi e di lanciare un ultimatum all’Italia, della durata di un anno, entro cui sanare la propria posizione e tornare, di fatto, nell’ambito della legalità. Ad attenderla, in caso contrario, una valanga di ricorsi, quasi 7mila, con risarcimenti stimabili, secondo l’associazione Antigone, in almeno 100 milioni di euro.
Ora il termine è scaduto, senza che, come abbiamo denunciato più volte negli ultimi mesi, la politica abbia mosso un dito (eccezion fatta per inutili leggi “svuota-carceri”, la cui sterilità era presumibile già dal nome affibbiato loro da certi schieramenti politici e mediatici). Senza, dunque, che abbiano trovato seguito anche gli occasionali moniti del presidente della Repubblica, nonché, chiaramente, le continue iniziative pro-amnistia o indulto dei radicali, non solo di mera denuncia (si ricordino i referendum sulla “Giustizia Giusta”, bocciati dalla Cassazione).
Neanche il nuovo premier Matteo Renzi, dall’alto delle sue presunte vesti di innovatore liberale, ha deciso di collocarsi in discontinuità con questa negligente classe politica che, aldilà di rituali promesse di redenzione, mai ha mostrato la volontà di interessarsi alla questione carceraria e giudiziaria in modo concreto. A fargli da spalla ci ha pensato un ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che pur accennando timidamente di essere favorevole ad un’amnistia, ha preferito lanciarsi più in imbarazzanti quanto inesatte ricostruzioni aritmetiche piuttosto che profilare riforme vagamente strutturali.
Nonostante, tuttavia, i richiami della Cedu siano rimasti completamente inascoltati, secondo voci provenienti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) il governo italiano potrebbe riuscire addirittura ad evitare l’esecuzione della sentenza pilota. Nel corso degli ultimi 11 mesi, infatti, si è avuto un calo del numero di detenuti di circa 6mila unità (da 66.028 a 59.683). Questo ridimensionamento parziale della presenza carceraria consentirebbe, secondo gli ottimisti, di evitare la “condanna” del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che si riunirà il prossimo 3 giugno per valutare le politiche penali italiane.
Pazienza, dunque, se i posti regolamentari sono comunque ancora 15mila in meno, e pazienza se la sentenza Torreggiani in realtà non facesse solo riferimento ad una semplice questione numerica, ma richiamasse l’attenzione soprattutto sulle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari (le condizioni igieniche e sanitarie, l’illuminazione insufficiente, la permanenza eccessiva nelle celle ecc.).
Le condizioni delle carceri, in definitiva, come ha dichiarato il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, al Foglio, restano “diffusamente inaccettabili”. Ma affianco al debole calo del numero dei detenuti “sono stati approvati alcuni provvedimenti, come per esempio la legge per aumentare la concessione degli arresti domiciliari o l’attenuazione della legge Giovanardi-Fini, che potrebbero indurre il comitato dei ministri europei a dare una valutazione positiva sull’operato del governo italiano”. Ciò anche perché “il giudizio sarà complessivo, con uno sguardo al futuro, non solo focalizzato sulla situazione attuale”.
La speranza, quindi, è che le istituzioni europee sappiano valutare l’intera vicenda con l’occhio critico che la gravità della situazione impone: la spada di Damocle della “condanna europea” ha già mostrato di scuotere solo minimamente la coscienza delle autorità italiane, figurarsi senza.
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