Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

28/12/24 ore

Carceri, all'estero non si fidano di noi



I detenuti nelle carceri italiane rischiano ogni giorno di subire “trattamenti inumani e degradanti”. Per questo motivo la Westminster Magistrates' Court of London ha deciso di non far scontare una pena detentiva in Italia a Domenico Randacore, accusato di mafia e arrestato lo scorso agosto a Londra dopo 19 anni di latitanza: la Corte inglese ha infatti ritenuto che non sia possibile estradare persone verso paesi che violano l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani.

 

La Polizia italiana era sulle tracce del latitante Randacore dal 1994, anno in cui l’uomo si era trasferito nella capitale britannica sotto il nome di Marc Skinner: a seguito di un mandato inviato dalla Procura di Palermo, il giudice Howard Riddle aveva deciso in favore dell’estradizione del boss verso l’Italia, con la garanzia del rispetto dei diritti umani dell’arrestato.

 

Ma nel frattempo un’altra sentenza dell’alta corte britannica ha negato l’estradizione nel nostro paese del detenuto somalo Hayle Abdi Badre dietro richiesta della procura di Firenze: il Ministero della Giustizia italiano, infatti, non aveva fornito sufficienti garanzie che, una volta arrivato in carcere, non sarebbero stati violati i diritti basilari dell’uomo in questione.

 

Sulla scia della decisione riguardante il detenuto Badre, il magistrato londinese ha dunque cambiato idea, impedendo l’estradizione di Randacore, rilasciato dietro cauzione, con l’obbligo di firma e la sorveglianza con braccialetto elettronico, in attesa che venga predisposto un appello. In Italia l’uomo avrebbe dovuto scontare sei anni di reclusione ma il marciume dilagante nel sistema carcerario nostrano di fatto impedisce che la giustizia faccia il suo corso, anche se si tratta di procedimenti che coinvolgono persone residenti al di fuori del territorio nazionale.

 

“Dopo il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che il 6 marzo scorso ha espresso “seria preoccupazione” per il modo in cui l’Italia sta affrontando il sovraffollamento carcerario in vista della scadenza del 27n maggio imposta dalla Corte EDU con la sentenza 'Torreggiani', ora anche gli stati membri dell’Ue cominciano a denunciare la tortura delle carceri italiane – afferma la segretaria di Radicali Italiani, Rita Bernardini – Un’altra umiliazione in ambito europeo che però non sembra scalfire la colpevole inconcludenza del Governo e del Parlamento sull’illegalità della nostra giustizia e delle nostre carceri”.


Aggiungi commento