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16/11/24 ore

Rom, il sindaco Marino inaugura nella Capitale il “metodo del rigore”



Il sindaco di Roma Ignazio Marino inaugura il "metodo del rigore" annunciato nei giorni scorsi nei confronti dei Rom, con uno sgombero forzato che ricorda il centrodestra per l'entusiasmo con cui calpesta i diritti umani fondamentali, ma con quel tocco di cattiva gestione tipico del centrosinistra.

 

Se, infatti, Alemanno seguiva un’agenda precisa, volta a portare a termine la strategia affaristica e disumana che è passata alla storia attraverso le aule dei tribunali con il nome di “piano nomadi”, non è chiaro quale strategia stia seguendo in questo momento il Comune di Roma.

 

Andando per esclusione, possiamo quantomeno stabilire che non si tratta di quella “Strategia nazionale d’inclusione di Rom e Sinti” che l’Italia ha presentato all’Europa ormai quasi due anni fa e che è l’ennesimo sintomo di un paese che si dà delle regole al fine di infrangerle, come i Radicali denunciano da tempo lottando per il ripristino dello Stato di diritto.

 

20 famiglie rom, tra cui 40 bambini, sono stati sgomberati dall’insediamento informale di via Belmonte Castello, in zona Roma Est, il 29 gennaio. Il percorso d’inclusione sociale che la comunità aveva iniziato da oltre un anno, con risultati positivi secondo le associazioni competenti, è stato mandato all’aria come di costume. Sembra che ogni tentativo d’inclusione sociale da parte dei Rom che non hanno accettato di vivere nei campi di concentramento recintati e sorvegliati da guardie in divisa allestiti dalla giunta precedente debba essere frustrato dalla nuova giunta.

 

Associazione 21 Luglio e Popica ONLUS hanno condannato fermamente lo sgombero, denunciando ancora una volta l’incompatibilità di tali incursioni con la normativa e gli standard nazionali e internazionali. Infatti, non solo la “Strategia nazionale d’inclusione” appare un papiro ornamentale appeso nelle stanze del Comune, ma le leggi ratificate da tempo dall’Italia, come la 881/77 con cui l’Italia sottoscrive la Carta Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali, vengono sistematicamente calpestate quando si tratta di chiedere facili consensi accanendosi su 20 famiglie povere e i loro 40 bambini.

 

Consensi che però, a quanto pare, non arrivano, perché i romani non sono stupidi e già sotto Alemanno anche i più insensibili si erano accorti della inutilità di sgomberi forzati in assenza di politiche razionali, che portano solo alla creazione di centinaia di micro-insediamenti, triplicati grazie al “piano nomadi”; pertanto non pochi cittadini si erano recati alle urne a chiedere un cambiamento che, purtroppo, non sta avvenendo affatto.

 

La polizia di Stato sembra l’unica delegata alle politiche d’inclusione di Roma Capitale. La comunità sgomberata di Belmonte Castello lo sa bene: non è la prima volta che le famiglie si vedono vittime di sgomberi forzati e illegali, gestiti da forze dell’ordine che oggi si trovano costrette a eseguire ordinanze firmate da un sindaco che non ci mette neanche la faccia, come faceva invece il suo predecessore.

 

Sembra che l’amministrazione non si senta neppure coinvolta dalla questione Rom, preferendo disertare gli appuntamenti sul tema organizzati dalle associazioni, rimandare l’avvio di una strategia concreta e limitandosi a mandare sul posto le forze dell’ordine a compiere operazioni di ordine pubblico in un contesto che ha ben poco a che fare con la sicurezza, e riguarda problemi ben più scomodi: l’emergenza abitativa, la discriminazione razziale, le problematiche d’inclusione, immigrazione etc.

 

Sta di fatto che i percorsi d’inclusione avviati dalla comunità di via Belmonte Castello, secondo quanto denunciato dall’Associazione 21 Luglio, avevano portato all’iscrizione scolastica di una decina di bambini. Che cosa è cambiato rispetto alle politiche del centrodestra? Cosa c’è di diverso tra la bambina in lacrime che implora di non essere sgomberata da via Severini (zona Tor Sapienza) il giorno prima del suo esame di terza media, a giugno del 2012, e i bambini che oggi perdono la casa da un giorno all’altro e non sanno come fare a continuare gli studi vivendo con la loro famiglia?

 

Che differenza c’è, insomma, tra Alemanno e Marino? Il “metodo del rigore” annunciato il 24 gennaio, accolto con un brivido lungo la schiena da chi crede ancora nei diritti umani, si è manifestato secondo le peggiori aspettative. “Sempre più, nei prossimi mesi, useremo un metodo di rigore, lo vedrete”, aveva dichiarato il sindaco di Roma: lo stiamo vedendo e ci lascia sconcertati, perché non capiamo neppure dove voglia arrivare.

 

Per ora, restano le “gravi violazioni dei diritti umani” denunciate da Associazione 21 Luglio e Popica ONLUS, le quali hanno precisato l’assenza delle garanzie procedurali previste dal Comitato Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali.

 

Un ennesimo pasticcio, certo, ma cosa aspettarsi da una giunta che, di fronte a 50 rom che manifestano per essere ricevuti dall’assessorato alle politiche sociali, appena sgomberati nel Giorno della Memoria da uno stabile di proprietà delle Ferrovie dello Stato, risponde di non sapere nulla dello sgombero?

 

Pare infatti che i Rom mandati via con la forza da via Castelguidone (zona Casal Bertone) il 27 gennaio siano stati allontanati dalla Polfer, ossia da privati che, nella terra di nessuno che regola l’esistenza dei Rom a Roma, possono anche permettersi di avviare azioni spontanee lasciando il Comune all’oscuro, se è vero quanto assicurato dall’assessore Rita Cutini all’associazione Popica.

 

Ed è quindi più che comprensibile l’indignazione dell’assessore Peciola, il quale giudica “intollerabili gli sgomberi nel periodo di crisi che stiamo vivendo” commentando lo sgombero del 27 gennaio: eppure, ci chiediamo per quale ragione l’assessore non si indigni altrettanto due giorni dopo, quando è il Comune stesso a ordinare “sgomberi intollerabili”, sempre con le stesse modalità anti-legalitarie.

 

Anche nel caso di via Belmonte Castello, infatti, le associazioni hanno denunciato l’assenza di consultazioni, di preavviso congruo e della valutazione di soluzioni alternative, come previsto dalla legge che la giunta ha già scelto d’ignorare nelle precedenti occasioni, a partire dal primo sgombero a via Salviati con cui Marino ha inaugurato, in modo bizzarro, le politiche d’inclusione promesse in campagna elettorale.

 

Ma si sa che strada facendo si cambia idea, e il Marino votato dai Rom in fila alle urne nella speranza di vedere finalmente rispettati i diritti umani a Roma Capitale è oggi lo stesso che annuncia il “metodo del rigore”, e lo mette in pratica.

 

«Dopo gli sgomberi forzati in via Salviati, alla Cesarina e, l’altro ieri, a Casal Bertone, la Giunta Marino si pone in linea, ancora una volta, con la passata amministrazione dell’ex sindaco Gianni Alemanno. Anche l’attuale amministrazione sembra aver sposato la linea del rigore fondata su un approccio emergenziale e securitario, negando i diritti delle comunità rom di Roma attraverso azioni inutili, dispendiose e illegali,» hanno dichiarato l’Associazione 21 Luglio e Popica ONLUS.

 

E’ interessante notare come l’assessore Cutini avesse risposto ai rilievi del commissario europeo Muiznieks, in seguito alla lettera inviata dai Rom sgomberati dalla Cesarina, rassicurando Strasburgo del fatto che la Giunta sta applicando la “Strategia d’inclusione nazionale”: non dite a Muiznieks che, come hanno sottolineato le due associazioni, «lo sgombero costituisce l’ennesimo passo indietro rispetto ai contenuti espressi all’interno della Strategia Nazionale di Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti adottata dal governo italiano in attuazione della Comunicazione della Commissione europea n.173/2011».

 

Intanto, è la Caritas a lanciare l’allarme sulla salute dei Rom nella Capitale, che secondo lo studio “Salute Rom. Itinerari possibili” hanno un’aspettativa di vita di almeno 10 anni inferiore alla media nazionale, pessimo accesso ai servizi di cura, un eccesso di malattie cardiovascolari per gli adulti e di infezioni respiratorie per i bambini.

 

Monsignor Enrico Feroci, nel convegno nazionale di presentazione del volume, ha sottolineato il ruolo della “miopia delle politiche” e della “comoda indifferenza” alla base dei “fenomeni di ghettizzazione, pregiudizi e stereotipi” che, in base ai dati, “rendono i processi d’integrazione un miraggio”.

 

Ma il Comune sa, evidentemente, come curare la salute dei Rom: con il “metodo del rigore”. Noi, a questo punto, benché anticlericali, consigliamo piuttosto una buona dose di “misericordina”.

 

Gianni Carbotti e Camillo Maffia

 

 


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