Era intervenuto anche il segretario di Stato americano John Kerry, che aveva chiesto alle autorità del Texas di rimandare l'esecuzione. Ma a nulla è valso il tentativo dell'amministrazione Obama: Edgar Arias Tamayo, 46enne messicano, è stato giustiziato questa notte nel carcere di Huntsville con un'iniezione letale.
Ma il Messico non ci sta. Condannato per l'omicidio di un poliziotto nel 1994 a Houston, a Tamayo, che non parlava l'inglese e soffriva di un ritardo mentale, non fu consentito di essere assistito dalla sua ambasciata né gli fu comunicato che aveva diritto all'assistenza consolare, come sancito dalla Convenzione di Vienna.
Nonostante le svariate proteste ufficiali del Messico - secondo cui la sentenza rappresentava una palese violazione da parte degli Stati Uniti degli adempimenti internazionali - e i tentativi diplomatici di mediazione, la Corte suprema Usa ha respinto i ricorsi che i legali del condannato aveva presentato in extremis.
Tre ore dopo è stata decisa l'esecuzione. E adesso si paventa un vero e proprio incidente diplomatico tra Texas e Messico: il ministero degli Esteri messicano ha infatti sollecitato “immediate iniziative per evitare altre sentenze in violazione della sentenza della Corte internazionale dell'Aja del 2004, che aveva chiesto agli Usa di non pregiudicare il regime di assistenza consolare”.
Un riferimento, questo, agli altri detenuti in attesa di esecuzione nelle carceri americane, come il 44enne messicano Ramiro Hernandez, a cui dovrebbe essere iniettato il cocktail letale il prossimo 9 aprile.
Le autorità texane, però, continuano a difendere le proprie decisioni: “Indipendentemente dalla tua origine – ha dichiarato il governatore texano Rick Perry - se commetti un crimine efferato come questo in Texas, sei soggetto alle leggi del nostro Stato”. In barba al diritto internazionale. (F.U.)
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