C'era una volta, nel regno del socialista laico Zapatero, una norma “sulla Salute Sessuale, Riproduttiva e sull'interruzione volontaria della Gravidanza” che poneva la legislazione spagnola all'avanguardia rispetto agli altri paesi europei nella tutela dei diritti delle donne.
Oggi, quattro anni dopo l'introduzione di quella legge, la contro-riforma del conservatore cattolico Rajoy antepone la strenua difesa del nascituro alla volontà della donna, consentendo l'aborto solo in caso di stupro o di rischio per la salute della madre.
Il disegno di legge, promosso dal ministro della Giustizia Alberto Ruz Gallardon, riporta in vita la normativa vigente nel 1985 che, se confermata dal Parlamento – dove la destra ha una maggioranza schiacciante - di fatto etichetterà l'interruzione di gravidanza come un delitto, a patto che non via sia rischio “serio e durevole”, certificato da due medici, per la gestante o che la gravidanza non sia frutto di una violenza sessuale corroborata da una denuncia precedente, non oltre le 12 settimane dal concepimento.
Verrà eliminata, inoltre, la possibilita di abortire in caso di malformazione del feto, a meno che questa non sia “incompatibile con la vita” mentre sarà ripristinata l'obiezione di coscienza per i medici, che subiranno un processo in caso di aborto illegale; in quest'ultimo caso, alle donne, verrà comminata una sanzione amministrativa non ancora specificata.
Un pericoloso salto indietro di 30 anni, dunque, quello della Spagna di Rajoy, che potrebbe avere come più immediata conseguenza un imponente ritorno all'aborto clandestino, con tutti i pericoli che ciò comporta per la salute e la vita delle donne, oltre che una nuova diffusione della pratica del 'turismo abortivo'.
E nel Paese divampano ormai da settimane le proteste da parte delle opposizioni, delle associazioni dei medici e delle organizzazioni di difesa dei diritti delle donne. Malcontento e critiche che hanno valicato in questi ultimi giorni i confini spagnoli: da Bruxell, Hannes Swoboda, Presidente del gruppo 'Socialisti e Democratici' al Parlamento europeo, ha lanciato un appello ai governi nazionali dell'Ue esortandoli ad “abbracciare le libertà e i diritti dei loro cittadini, invece di limitarli come vogliono i conservatori (…), dobbiamo ricordare che siamo un'Europa di progresso e non di regressione”.
Ma sarà poi veramente così? Secondo quanto dichiarato dal Gallardon in un'intervista in cui difendeva il disegno di legge firmato da lui e varato dall'esecutivo, il governo spagnolo avrebbe scritto “la prima legge che riflette l'opinione della maggioranza dei cittadini europei: sono fiducioso – ha sottolineato il ministro – che questa iniziativa sarà adottata anche da altri parlamentari di altri Stati membri”.
Non a caso il 19 gennaio, durante la 'Marcia per la vita', l'evento annuale che si tiene in Francia per dire no all'aborto, oltre 15.000 persone sono scese in piazza 'celebrando' la vicina Spagna, fautrice di una legge che “sostiene le madri incinte e difende i diritti e la dignità del bambini”.
Quanto accade oggi in Spagna, dunque, potrebbe rappresentare un nuovo spauracchio per un'Italia dove la legge 194 è costantemente sotto attacco a causa, anche, dell'incessante incremento di una selvaggia obiezione di coscienza?
Le rabbiose manifestazioni di protesta organizzate in Francia dopo la legalizzazione dei matrimoni gay e la nuova inaspettata forza delle destre europee sempre più conservatrici, nazionaliste e puritane non potrebbero, forse, essere preoccupanti segnali di fumo che nascondono i roghi sui quali ardono libertà e diritti dei cittadini europei? (F.U.)
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