“Sono stata consegnata a mio marito quand’ero piccola. Ero talmente piccola che non ricordo nemmeno quando è accaduto. È stato lui a crescermi”. E di anni, ora, Kanas ne ha 18. Come lei, ogni anno nei Paesi in via di sviluppo, sono oltre sette milioni di minorenni che partoriscono, della quali 2 milioni hanno meno di 15 anni.
E non si parla (solo) di stupri, ma di nascite che, nove volte su 10, avvengono all'interno di un matrimonio o di un'unione stabile. Un fenomeno che, seppur in scala ridotta, è presente anche nei paesi sviluppati: ma dove la povertà dilaga, ogni giorno 200 minorenni muoiono di parto.
Una situazione tragica, descritta dal Rapporto sulla stato della popolazione nel mondo 2013 del fondo della Nazioni Unite per la popolazione (Unfpa) - in collaborazione con Aidos (Associazione donne per lo sviluppo) che cura l’edizione italiana - con i toni allarmistici dell'emergenza. 'Madri bambine: affrontare il dramma delle gravidanze tra adolescenti', questo il titolo del documento presentato oggi in contemporanea mondiale e i cui dati dimostrano chiaramente “come le gravidanze adolescenziali non si verifichino casualmente”, ma siano il risultato “di una combinazione di fattori, tra cui la povertà, l'accettazione del matrimonio precoce nelle famiglie e nelle comunità di riferimento, nonché gli sforzi insufficienti per evitare l'abbandono scolastico”.
E le conseguenze, purtoppo, sono quasi sempre disastrose sulla salute di queste quasi bambine, sulla loro stessa vita, stroncata – ogni anno per 70.000 di loro - da cause collegate alla gravidanza e al parto. Nonostante alcuni governi e comunità siano riusciti a contenere il fenomeno grazie a politiche in grado di conseguire altri obiettivi ad esso correlato – quindi vietare i matrimoni precoci, istruire il più possibile le ragazze sull'importanza di tutelare i propri diritti, prevenire le infezioni da Hiv, puntare sul completamento del percorso scolastico – il Rapporto sottolinea come “esporre, indagare e denunciare le violazoni dei diritti riproduttivi non darà grandi risultati se gli/le adolscenti non sono in grado di accedervi o non sanno nemmeno che esistono”.
Il cambiamento deve quindi essere basato sullo sviluppo di “un sistema di responsabilità che sia efficace, capace di reagire positivamente e accessibile a tutti”: un “approccio olistico”, insomma, che valuti efficacemente le “circostanze, condizioni, norme, valori e forze strutturali che perpetuano le gravidanze adolescenziali da un lato e che isolano ed emarginano le ragazze incinte dall'altro”.
Non meno importante, infine, la necessità di un radicale cambiamento delle relazioni di genere: a pesare sulle gravidanze e i matrimoni precoci, infatti, è anche (o soprattutto) indubbiamente il sempreverde squilibrio nel rapporto tra i sessi.
Un'azione risolutrice e mirata a cancellare queste pericolose pratiche, deve quindi tenere in seria considerazione – soprattutto in particolari aree della terra, un approccio “gender-transformative” in grado di mettere in discussione ed eliminare quegli stereotipi che vogliono le donne, e le bambine, inghiottite ancora da uomini dominanti e culture ingombranti. Fino alla morte. (F.U.)
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