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26/12/24 ore

Stamina sì, stamina no: le polemiche di protocollo sul diritto di scegliere la cura



Nella conferenza stampa del 10 Ottobre 2013 il Ministro della salute Lorenzin ha comunicato che “Il metodo Stamina non hai i requisiti per la sperimentazione”. Il comitato scientifico istituito il 18 Giugno ha espresso all’unanimità parere sfavorevole sul Metodo della Stamina Foundation Onlus, di cui il Prof. Davide Vannoni è Presidente.

 

Beatrice Lorenzin riassume in un’intervista televisiva le vicende che hanno portato alla “presa d’atto” sull’impossibilità della prosecuzione dei trattamenti compassionevoli, partendo dal Maggio 2012 quando un’ordinanza Aifa vietò la somministrazione di cellule staminali in seguito all’ispezione condotta insieme ai Nas sull’Azienda Ospedaliera “Spedali civili di Brescia”.

 

Nel settembre 2011, infatti, il Direttore Generale dell’Azienda ospedaliera aveva sottoscritto un accordo di collaborazione definitivo con la Onlus del Prof. Vannoni. In seguito al divieto di effettuare “prelievi, trasporti, manipolazioni, coltura, stoccaggio e somministrazione a pazienti di cellule umane”, le famiglie dei malati hanno fatto ricorso ai Giudici del lavoro, che con “un processo sommario, senza perizie”, sottolinea il Ministro, in alcuni casi hanno autorizzato il proseguimento dei trattamenti, in altri rigettato le richieste.

 

Infine il Decreto legge Balduzzi del Marzo 2013 ha autorizzato la continuazione della terapia esclusivamente per quei pazienti che avevano già avviato il protocollo per garantire “parità di trattamento”. Se con l’approvazione dell’avvio della sperimentazione clinica del 15 Maggio si accendeva la speranza di un via libera, le parole del Ministro Lorenzin del 10 Ottobre determinano un altro finale: “Quella di oggi è stata una conferenza che non avrei voluto fare, sperando in un epilogo diverso.”

 

Il no ministeriale apre la stagione della polemica. Non basta la “comprensione” a tutte le famiglie di quei pazienti affetti da malattie neurodegenerative che testimoniano i reali miglioramenti ottenuti grazie alla somministrazione di cellule staminali mesenchimali del “metodo Stamina”.

 

Gli striscioni esposti dall’ associazione “Impavidi Destini” nella notte del 24 Ottobre davanti al Ministero della Salute e ad alcune Asl ed ospedali romani hanno richiamato l’attenzione sui diritti del malato con lo slogan: “Sì alle staminali e alla libertà di cura!”.

 

Anche Francesca, madre di una delle bambine ricoverate a Brescia, chiede di poter scegliere come curare sua figlia: “La libertà di cura è un diritto. Per lo Stato sono responsabile solo quando si tratta di accudire mia figlia ogni giorno, non per decidere come curarla”.

 

La mamma ripercorre la storia della sua bambina affetta da una malattia sconosciuta in Italia: la Tay-Sachs. I medici avevano prospettato alla piccola Ludovica una fine vicina e inscindibile da un accompagnamento terapeutico, ma dopo le infusioni la bambina è “tornata a sorridere”.

 

Francesca sa che sua figlia non tornerà mai più a correre, ma può dire di essere riuscita a migliorare la qualità della sua vita. “Di fronte all’evidenza dei fatti, il protocollo non ha più importanza” continua la mamma, che insieme a tanti altri genitori non sa trovare spiegazioni all’esito ministeriale: “Ci sono dei documenti che attestano i miglioramenti dei nostri figli, che non hanno riscontrato effetti collaterali..”.

 

Non si tratta solo di illusioni materne, di false speranze a cui è stata data parvenza di verità: Francesca racconta di essere stata all’inizio davvero scettica di fronte ai primi miglioramenti e alle prime piccole conquiste dei bambini, fino a quando ha capito di trovarsi di fronte a progressi reali, per la scienza irrazionali. “Noi genitori ci siamo costituiti come osservatorio” spiega la mamma “ma nessuno ci ha tenuto in considerazione.

 

Inoltre il comitato scientifico non doveva giudicare il metodo, ma solo stabilire le modalità con cui fare la sperimentazione: la maggioranza dei membri del comitato si era già espressa negativamente”.”Perché nessuno è venuto a vedere di persona mia figlia? Perché nessuno si è avvicinato ai nostri bambini e alle nostre esperienze dirette?” si chiede Francesca ancora incredula di fronte al disinteressamento per quella che ha definito l’ “evidenza dei fatti”.

 

In merito a questo il Ministro Lorenzin ha dichiarato di non aver voluto promuovere una “spettacolarizzazione della sofferenza”, quella stessa “spettacolarizzazione”, che per Francesca, avrebbe acceso i riflettori sulle piccole conquiste verso una vita migliore di sua figlia, di cui gioire e certamente non piangere.

 

Nell’attualità del dibattito sul diritto di morire, i genitori di Brescia, controcorrente, rivendicano strenuamente la sacralità del diritto di vivere dignitosamente e raccontano la loro verità sulla vita e sulle sue presunte “irrazionalità”.

 

Ludovica Passeri


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