Il New York Times ha rivelato i contenuti di un presunto dossier segreto diffuso dal Partito Comunista cinese in cui si mette in guardia contro “i sette valori sovversivi” che incombono sulla società cinese, tutti riconducibili alla cultura occidentale.
Nel documento, diramato nell’aprile scorso ed approvato ufficialmente dal presidente Xi Jinping, verrebbe sottolineata con preoccupazione la costante penetrazione all’interno della sfera ideologica comunista da parte dei dissidenti e delle “forze occidentali ostili alla Cina”. Nemici portatori di istanze, oltre che incompatibili con il credo comunista, pericolose per il futuro della società.
Le “idee sovversive” individuate dai leader cinesi sarebbero quelle relative alla promozione della democrazia costituzionale occidentale, dei “valori universali” in merito ai diritti umani, del neoliberismo economico, dell’indipendenza dei media, della partecipazione della società civile, e delle critiche “nichiliste” al glorioso passato del partito.
Secondo il New York Times, “la messa in guardia di Xi all’interno del partito mostra come la sua credibilità pubblica sia minacciata dalla paura che il partito sia vulnerabile al rallentamento economico, all’ostilità pubblica per la corruzione e alle sfide poste dai liberali impazienti per un cambiamento politico”. Xi quindi si starebbe impegnando, da un lato, a portare avanti riforme per aprire l’economia cinese a una maggiore influenza del mercato, e dall’altro, ad avviare una campagna per rafforzare l’autorità del partito.
Il duro richiamo del Partito Comunista avrebbe prodotto già i suoi effetti: i media hanno cominciato ad attaccare duramente le prospettive costituzionaliste e, inoltre, si registra una stretta nel controllo delle critiche sul web. La svolta anti-occidente, tuttavia, potrebbe mettere in difficoltà proprio la leadership del suo promotore, Xi, ancor più stretto tra un’alta più tradizionalista (in favore del mantenimento di un centralismo politico ed economico) e un’ala più progressista e vagamente “liberale”, favorevole ad una maggiore apertura del sistema politico verso uno stato di diritto.
Tanti sono gli interrogativi che emergono attorno a questo documento, dalla sua veridicità al suo contenuto (le “idee sovversive”, scrive ad esempio il NYT, sarebbero sette, ma in realtà ne vengono citate solo sei…). La sua logica di fondo, ad ogni modo, sembra contrastare con le redditizie quanto lente aperture portate avanti dalla Cina negli ultimi decenni in campo economico. Quasi a confermare che, in realtà, a far paura al regime cinese non è tanto la globalizzazione delle economie, quanto quella dei diritti umani e delle libertà individuali.
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