Alexei Navalny, 37 anni, avvocato, blogger, leader dell’opposizione anti-Putin, nonché neo-candidato a sindaco di Mosca, è stato condannato a 5 anni di prigione dal tribunale di Kirov (a circa 900km ad est della capitale).
L’accusa per l’uomo è di aver sottratto, all’epoca in cui ricopriva una carica pubblica nella regione di Kirov, una partita di legname per la somma di 16 milioni di rubli (circa 400.000 mila euro) e di averne organizzato una vendita sottobanco.
“Il processo è una farsa e chiunque abbia esaminato le prove può vedere che sono del tutto innocente, ma di certo sarò giudicato colpevole, perché è un giudizio politico” aveva affermato precedentemente in un’intervista Navalny che si è sempre dichiarato estraneo ai fatti ma "pronto al peggio": per questo motivo aveva fatto sapere che il giorno della sentenza si sarebbe recato in tribunale con una borsa contenente effetti personali, già pronto per la prigione.
Così è stato. Navalny è stato ammanettato e preso in custodia dalla polizia dopo la lettura della sentenza. Molti sostenitori credono in una “sentenza politica dettata da Putin in persona” e per le diciannove di questa sera, ora locale, è stata indetta una manifestazione nella piazza del Maneggio, sotto le mura del Cremlino, a cui - tramite Facebook - 6500 persone hanno già dato conferma di partecipazione. Intanto le autorità hanno fatto sapere che disperderanno ogni tentativo di manifestazione non autorizzata.
Certo è che la mano della giustizia russa, per l’attivista condannato, è arrivata proprio il giorno dopo la formalizzazione della sua candidatura a sindaco di Mosca. Se il verdetto diventasse esecutivo prima del voto dell’8 settembre, cosa molto probabile in questa situazione nonostante l’appello chiesto dai legali, Navalny non potrebbe più correre per le elezioni.
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