Il Ramadan è iniziato. Ma le detenute del carcere di Adra, scrive @motazghanem, “stanno senza cibo anche dopo il tramonto e prima dell'alba”. Da primo luglio, infatti, le attiviste siriane rinchiuse nella prigione di Damasco sono in sciopero della fame per protestare a oltranza contro lo status di “prigioniere di coscienza”, costrette a vivere tra torture e abusi senza essere state condannate, né deferite a un tribunale.
La maggiorparte di loro, infatti, sembra che sia stata arrestata senza aver commesso alcun reato e tante sarebbero ancora in attesa di giudizio: rinchiuse in un carcere che potrebbe ospirate 2000 persone ma che attualmente ne contiene 9000, le detenute non hanno alcuna possibilità di parlare con i familiari e di sottoporsi a visite e cure mediche, necessarie vista la delicata condizione di salute in cui molte di loro versano.
Tra le prigioniere, infatti, ci sarebbero donne incinte, anziane e signore gravemente malate che, denuncia la Coalizione nazionale siriana (l'unione di quasi tutte le forza d'opposizione), “vivono in condizioni terribili e disumane”.
Alcune fonti interne riferiscono di donne torturate con bastoni elettrificati, corde, manganelli, picchiate dai propri carcerieri e messe in isolamento senza essere curate in maniera adeguata: secondo gli attivisti i membri delle forza armate avrebbero insultato e percosso le detenute di Adra anche dopo l'inizio dello sciopero, per impedire che si diffondesse la notizia della protesta.
Ma “le nostre erioine non si piegano – dichiara la Coalizione – ribadendo con fermezza che per loro si tratta di una questione di vita o di morte”. Intanto gli attivisti siriani hanno preparato un appello per chiedere alle organizzazioni internazionali, a quelle umanitarie e agli organismi giudiziari di mobilitarsi per la sorte di queste donne per le quali, come afferma un video diffuso sui social network e trasmesso da Al Jazeera, “tutti possiamo fare qualcosa: la solidarietà non si esprime solo a parole, la solidarietà è azione”. Per quelle madri, sorelle e figlie che “sono la Siria”. (F.U.)
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