L’America di Obama pare essere sempre più vicina a dichiarare incostituzionale il Defense of Marriage Act (Doma), la legge federale firmata da Bill Clinton che definisce il matrimonio come la sola unione tra un uomo e una donna, escludendo dunque dai benefici riconosciuti a livello federale le coppie omosessuali, legalmente sposate in nove stati a stelle e strisce.
La decisione finale della Corte Suprema, chiamata a pronunciarsi in proposito, è prevista per giugno, ma ieri i giudici hanno ascoltato le argomentazioni dell’avvocato dello Stato che ha illustrato la linea dell’amministrazione Obama secondo cui la legge andrebbe abrogata: la maggioranza dei “saggi” (5 su 9) avrebbe espresso forti perplessità sulla costituzionalità del provvedimento, mettendo in discussione anche il fatto che la definizione di matrimonio spetti alla legge federale, rischiando di essere in contrasto con le leggi statali.
Se la sentenza finale riconoscesse le nozze gay al pari di quelle tra persone di sesso diverso, un partner omosessuale godrebbe per la prima volta degli stessi diritti comunemente salvaguardati all’interno del matrimonio tradizionale, come quelli legati alla legge di successione, le agevolazioni fiscali, l’assicurazione sanitaria o altre esenzioni legate a figli.
Oramai appare comunque certo, come dichiarato dal legale Jeffrey Tobin sul New Yorker, che “la questione sulla parità dei diritti dei matrimoni per tutti gli americani non è se passerà, ma quando. Il Paese è cambiato e non tornerà mai com’era”. (F.U.)
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