Mercoledì 23 marzo vi è stata la prima nazionale, al Teatro Biondo di Palermo di "Inedito Scaldati”, che proseguirà fino a domenica 3 aprile 2022. Diretto da Livia Gionfrida, con Melino Imparato, Paride Cicirello, Oriana Martucci e Daniele Savarino, scene e costumi di Emanuela Dall'Aglio (Premio Ubu 2021) è prodotto dal Teatro Biondo Palermo.
Dopo il successo del "Pinocchio" andato in scena lo scorso luglio per il Teatro Stabile di Catania, una nuova tappa del percorso di ricerca della regista Livia Gionfrida dedicata al poeta e drammaturgo palermitano Franco Scaldati.
Se la rilettura collodiana era tratta da un testo incompiuto, trasformata in scena in un grande omaggio a l'intera poetica scaldatiana, con "Inedito" Gionfrida si concentra sulla radice shakespeariana fortemente presente nell’opera del poeta siciliano.
In scena Melino Imparato, storico collaboratore di Scaldati e direttore artistico della Compagnia "Franco Scaldati", insieme a tre attori (Paride Cicirello, Oriana Martucci e Daniele Savarino) selezionati a seguito di un laboratorio di dieci giorni dedicato a Scaldati tenuto da Gionfrida lo scorso febbraio al Teatro Biondo.
LO SPETTACOLO
In un quartiere fantasma, dentro ad un condominio ridotto ormai a rudere, abita un Poeta, l’ultimo. Questi aspetta di raggiungere la luna, unico miraggio di Pace, e proietta i suoi sogni sugli abitanti del palazzo. In scena quattro attori per un esperimento drammaturgico che in un continuo rimando tra Scaldati e Shakespeare evoca la storia di Macbeth, il re assassino che cede alla tentazione del Potere e all'istinto della Violenza. La guerra, la pandemia, il tormento per le conseguenze delle proprie azioni, la perdita della Parola come strumento che aiuta gli esseri umani a comprendersi e a decifrare se stessi e il mondo, sono i temi di questo studio. Prendono corpo nella mente del Poeta le ombre degli abitanti del condominio, la lavascale, il giovane disabile, il muto, il topo, i fantasmi del condominio diventano così personaggi in cerca d’autore.
NOTE DI REGIA
In una fine del mondo dai toni tragicomici, le certezze scompaiono, le parole sono svuotate di senso e persino i muri possono apparire e scomparire come in un sogno. «Finìu a pandemia?» si domanda l’anziano sardonicamente. La morte è presenza costante nell'opera di questo grande poeta, per nulla tragica. Come in Sicilia, come nelle opere di Scaldati, la morte è compagna di vita, è amica di bevute e sogni, e porta bei doni e dolci ai bambini. Avvicinare lo spettatore a Scaldati per me vuol dire tentare il rito della poesia, quella che sembra trovare sempre meno spazio nell’affanno del nostro quotidiano e che può costituire una vera e propria cura della persona. Tornare dunque al teatro, al rito collettivo che comincia con il silenzio e il buio, da cui far nascere la parola poetica e assieme ad essa, l’immagine pronta a scatenare una lettura personale nello spettatore.
Livia Gionfrida
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