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08/05/24 ore

Danza: Compagnia del Balletto Ungherese, due esemplari atti unici al MUPA di Budapest


  • Vincenzo Basile

La coreografia di Balanchine del 1947, ora considerata un classico, evoca l'età d'oro del balletto che fiorì in Russia nel XIX secolo, grazie aČajkovskij. Rappresentato per la prima volta al “Ballet Theatre, City Center of Music and Drama” di New York nel ’47, quest’opera che non ha una vera trama, viene spesso definita la "sorella minore" dell’altrettanto nota Bella Addormentata.

 

Si compone di dodici variazioni e si apre con un ensemble di dodici coppie più quella dei due primi ballerini. Nella seconda variazione la prima ballerina sfiora il più alto virtuosismo con dei rapidi  fouettés. Infine, predisposto dal violino, arriva il pas de deux, che disegna un florilegio di magiche geometrie. Si arriva così alla polonaise preludio del finale che impegna l’intera compagnia di danza.

 

Questo balletto passò alla storia come il trait d’union tra la concezione ottocentesca della danza  e quella moderna.

 

Gara di bravura tra le tre prime ballerine: Tatiana Melnik, Aliya Tanykpayeva e la giapponese Minjung Kim ma i primi ballerini che sostengono non sono da meno: Gergely Leblanc, Gergő Ármin Balázsi, Zoltán Oláh.

 


 

Suggestiva la scena composta da due file di colonne cha dai lati del proscenio inquadrano il profondo vuoto celeste di Woodland Thompson,  i costumi di Nóra Rományi e le luci di Tamás Solymosi contribuiscono all’impatto visivo.

 

Il tema degli  Études rappresenta l’ABC della tecnica stessa del balletto classico. Per la straordinaria preparazione che richiede questa coreografia è, oltre che una esemplare lezione anche il riscontro delle capacità effettive del corpo di ballo che lo esegue: dalla sbarra ai salti fino alla tecnica delle punte, attraverso gli esercizi più complessi, fino al più alto livello di virtuosismo attraverso le più raffinate combinazioni plastiche.

 

Harald Lander sviluppò la sua coreografia per il Royal Danish Ballet nel 1948, ispirandosi ai concerti per pianoforte di Carl Czerny, enfant prodige austriaco, pupillo di Beethoven, utilizzando poi la versione per orchestra.

 


 

È una carrellata di sguardi nella storia della danza delle varie epoche, fino al supremo personaggio della Sylfide, ninfa del vento della mitologia tedesca, archetipo stesso della volatilità che è considerato il capostipite del balletto romantico e dunque della danza moderna. Un’innovazione assoluta per l’epoca e per la Storia della danza: per la prima volta una ballerina si esibisce sulle punte per la quasi totalità dell'opera.

 

È inoltre il primo balletto in cui compare il tutù, che diventerà il costume tipico delle ballerine classiche, creato appositamente per Maria Taglioni, la prima a interpretarlo all’Opera di Parigi nel 1832.

 


 

Anche in questo secondo atto brillano le donne: Alexandra Kozmér, Karina Sarkissova e Cristina Balaban ma anche  Zoltán Oláh, Dmitry Timofeev, Gergő Ármin Balázsi, Máté Bakó, Ievgen Lagunov, Gergely Leblanc non sono da meno nei rispettivi ruoli.

 

Menzione obbligatoria per i maestri di danza Lise Lander, Johnny Eliasen, Ildikó PongorAngélaKövessy.

 

Parte del fascino di questa messinscena è  delle suggestive luci, un omaggio evidente al gusto di Bob Wilson, adoperate da Tamás Solymosi per scandire tempi cronologici e narrativi dell’intero spettacolo, magnificandone la profondità.

 


 

Balanchine-Ciajkovskij: tema e variazioni Suite n.3

 

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