Di artisti particolari ne conosciamo tanti, forse si è tali perché si è artisti, ma alcuni lo sono più di altri, e uno come Mario Nalli è il più particolare fra tutti gli artisti.
Per spiegarlo ci vorrebbe un discorso molto complesso e lungo, che mi costringerebbe a includere anche una biografia, che per brevità di discorso non voglio affrontare; cercherò quindi di farvelo conoscere tramite la sua ultima produzione di quadri.
Mario Nalli è un pittore puro, uno degli ultimi artisti che ancora danno importanza alla pasta pittorica, alla sensualità dei riflessi, alla qualità del colore, una tecnica espressiva ormai da tempo messa in crisi da una concezione concettuale diametralmente opposta che ha allontanato proprio quelli che vengono definiti intenditori, nonché i compratori ormai ossequienti alle indicazioni di mercato.
In Mario Nalli rivedi il mondo affascinante dei colori ad olio, di come vengono trattati, delle superfici dove vengono stesi, delle sensazioni e dell’impatto che offrono.
Un tipo di approccio che la meta-arte ci ha fatto dimenticare, troppo presi da quello che è lo spettacolo dell’arte, del mercato, delle quotazioni, del sistema, delle kermesse; ci siamo persi nei labirinti costituiti da galleristi, collezionisti e musei, nel mondo dell’apparire nei media, delle boutade scandalistiche, delle passerelle di prestigio, dei personaggi sempre sotto i riflettori, dei frastuoni mediatici, dei numeri record delle visualizzazioni e di tutto quello che di falso si vede in giro.
Con Mario Nalli non hai niente di tutto questo: hai solo l’opera d’arte come fonte di appagamento e unica gratificazione intellettuale, perché ad essa devi fare riferimento per trarre tutte le valutazioni possibili.
Rifacendomi alle sue ultime opere dal titolo Elastic, una serie che va dal numero uno a seguire, per capirle bisogna concentrarsi e stabilire un rapporto meditativo col flusso del colore che appare e scompare come in un gioco di superfici elastiche che si sommuovono, si torcono e si tendono, di forme che hanno pieghe e che si liberano da esse, a sgusciare con intensi contrasti di luci e ombre che arrivano a essere estreme sino a sprigionare bagliori d’intensa luce bianca.
In queste opere Mario Nalli esercita contrasti cromatici più forti che in passato, producendosi in vibranti movimenti di abbagli. I suoi sono quadri luminosi, che esprimono una tensione drammatica, un pathos che distrugge la materia sino a renderla delicata membrana interposta quasi a sfaldarsi fra violenti contrasti, elasticità quindi, che si dilata sino all’indefinito ad esprimere un sentimento alto (bianchi accecanti) ma allo stesso tempo viscerale (ombre oscure, colore quasi nero) che può esplodere da un momento all’altro.
In quel blu indaco scuro, a volte variegato col viola, c’è una potente eccitazione di enorme forza scenografica, tutta concentrata in quadri di dimensioni modeste, sono dei fogli di cartone di 36x51, che però danno un senso di grandezza dirompente.
Non è il dramma del mondo, anche se lo si può intravedere, ma è un universo dell’anima, di quel profondo io passionale, sensuale, erotico, che affiora in Mario Nalli pittore. Un’azione decisa che ti porta a subliminare la stessa superficie che vedi: sta forse qui l’apice della liricità, l’attrazione della sua opera.
Sequenze, movimenti, azioni pittoriche fluttuanti, paesaggi che intravedi nel gesto, di una visione meditata come in una religione orientale. Non ci sta definizione soddisfacente perché solo la fantasia ti aiuta a capire cosa ci può essere dietro quell’insistente gioco di colore turchino nelle varie declinazioni, lucenti come smalti dai riflessi metallici, quasi violenti, quanto è forte e potente quello che ti appare.
Come a non fermarsi su se stesso, Nalli ha ideato Apocryphalgallery, dove ha fatto esporre su Istagram i suoi amici, facendo di necessità virtù in questo periodo funestato dal Covid 19. Con la collaborazione di altri importanti artisti e critici d’arte, ha edificato una galleria virtuale, un sogno collettivo che è anche un’importante opportunità artistica in una fase di forzata stasi.
In questi giorni è in corso “SomMario”, collettiva e compendio delle mostre sinora fatte, con testo critico di Carmelo Cipriani, che vede presenti noti artisti, con i rispettivi critici, tutti importanti, che qui sono tra parentesi: Ak2deru (Ruggero Barberi), Jan Farn Chi (Claudia Quintieri), Federico Mazza (Luca Arnaudo), Michele De Luca (Luca Pietro Nicoletti), Marco Colazzo (poesia dello stesso artista), Claudia Quintieri (Donatella Pinocci), Nicola Spezzano (Anna Cochetti), Bruno Mangiaterra (Mariano Apa), Gianfranco Basso (Francesco Paolo del Re), Paolo Coteni (Giuseppe Chiari), Giulio Zanet (Francesca Pergreffi), Alessandra Di Francesco (Lorenzo Canova).
Su Mario Nalli, l’unico artista che ha fatto quattro personali all’Attico, hanno scritto, oltre a Fabio Sargentini, che lo ricondotto alla cultura anglo-americana, Mariano Apa, Gianni Garrera, Carlotta Monteverde, Gabriele Perretta e nel ’92 al Palazzo delle Esposizioni Roberto Lambarelli ecc..
Artista puro e genuino d’inusitata modestia e serietà di lavoro, non è facile esaurirlo in un testo critico: è alle sue opere che bisogna volgere l’attenzione per capirne l’importanza.
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