Mostra di grande successo di sculture, disegni e pitture – promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale, prodotta dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia, e organizzata con Zètema Progetto Cultura – è curata da Giuseppe Pavanello e realizzata in collaborazione con l’Accademia Nazionale di San Lucae con Gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno.
Aggiungere qualcosa a tutto quello che è stato detto su Antonio Canova mi sembra cosa quanto mai impossibile, e mi sembra anche inutile commentare per segnalare all’attenzione del pubblico una mostra quando le code all’ingresso di Palazzo Braschi ci sono ormai da mesi, segno che l’attenzione c’è e tanta.
È passato più di un secolo - e tante generazioni - eppure la gente va ancora a visitare le sue opere con lo stesso clamore delle novità di un’arte che invece è vista e rivista, fruibile in libri e cartoline, documentari e gadget.
Eppure, mi chiedo, se avessero messo in esposizione Balloon Dog (Orange) di Jeff Koons dal costo record mondiale di 58,4 milioni di dollari,ovvero il toy dalle fattezze di un cagnolino gonfiato, se ci sarebbe la stessa fila.
In un periodo in cui il popolo è politicamente sfiduciato dai politologi, su questa manifestazione non si hanno giudizi degli opinionisti e men che meno degli addetti del mestiere: sembra che ai critici e agli storici dell’arte la cosa non riguardi, come pure che anche a piazza Venezia, in un palazzo appena ristrutturato a museo da residenza degli eredi di Napoleone, ci sia tanta fila per vedere quadri impressionisti, nemmeno i migliori e nemmeno i più famosi.
La mostra di cui parlo si chiama per l’appunto “Impressionisti segreti”, e presenta quadri provenienti da collezioni private e pertanto quasi sconosciuti, per soddisfare un pubblico assetato d’arte. Mentre al Palaexpò (non era meglio il vecchio nome di Palazzo delle Esposizioni?) c’è mestamente Jim Dine con i suoi Pinocchi uno degli artisti espressione del minimalismo, per l’appunto.
Il paragone con l’arte contemporanea viene spontaneo ma meglio soddisfarsi o distrarsi con le statue esposte a Palazzo Braschi condensate in 13 sezioni, da quando Antonio Canova giungendo nell’Urbe nel 1779 ebbe l’atelier a via delle Colonnette, narrazione che si conclude alla fine dell’ottocento. Paride, Danzatrice con le mani sui fianchi, Maddalena penitente, Amorino alato, Genio della morte sono alcune delle statue in marmo, molte sono in gesso, tutte incentrate sull’incanto che offre la magistrale perfezione della bellezza, il successo di questa mostra, che ha prorogato l’orario d’apertura per soddisfare l’affluenza.
Tornando a un discorso generale non si spiega perché la gente segue l’arte tradizionale dai concetti risaputi quanto scontati, come ad esempio la bellezza, fenomeno culturale non sempre dai risultati sperati. Che cos’è la società oggi lo sentiamo dire tutti i giorni, sappiamo che abbiamo una consistente area tradizionale e conservatrice che sfora in manifestazioni che rasentano ignoranza, populismo, sovranismo, razzismo, fascismo e chissà quanti altri -ismi, fenomeno che dovrebbe far riflettere chi rappresenta la cultura o almeno chi ne ha in mano le leve e opera in questo prezioso settore, ma nulla accade, si lascia correre.
Vero è il fatto che una città sommersa da tante iniziative di arte contemporanea e che ha uno stuolo incalcolabile di agguerriti operatori del settore vede due mostre di grande successo dai presupposti artistici che si pensava già da lungo tempo superati: Eterna bellezza di Antonio Canova e “Impressionisti segreti” a Palazzo Bonaparte.
Stupiti e sbalorditi, tra sfascismo, degrado, infezioni varie e pandemie, ritorniamo con la mente ai capitoli sulla peste dei Promessi sposi, e anche a quella ossessiva frase “Carneade, chi era costui?” che, rimodulata in chiave paradossale, tuona come un monito che ci fa chiedere: “Canova, chi era costui?”.
Antonio Canova, Eterna bellezza
dal 08/10/2019 al 15/03/2020
a Palazzo Braschi, Roma
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