In una strada atipica per la presenza del più impressionante scenario archeologico del mondo che è il Foro romano e in un locale atipico, estraniante e misterioso, si possono ammirare i quadri di Benjie Basili Morris che sembrano ripetere l’atmosfera emanata dalle wunderkammer di fantasiosa memoria.
Benjie Basili Morris si rifà al mondo scomparso della pittura, un vero controsenso nel contesto dell’ arte contemporanea tutta dedita ad altre tecniche e ad altri linguaggi. Un mondo Caravaggesco che più di ogni altra corrente artistica ha sollecitato la fantasia di una sterminata quantità di artisti ma che ha ancora un cospicuo seguito di ostinati prosecutori di tale faticosa attitudine di bottega pittorica.
Questo genere di arte anche se è molto lontana dalla mia concezione artistica la ammiro perché riconosco che paga pesantemente il pegno di avere la riconoscibilità della realtà come verifica delle elaborazioni pittoriche verso la quale è indirizzata. Per esempio, è un genere di arte le cui opere non possono permettersi il lusso di non avere un nome, il consueto “senza titolo” di cui molte opere contemporanee invece abusano l’uso.
Infatti, se la loro opera non assomigliasse al dichiarato intento hanno sbagliato e se non riuscissero a dargli un senso artistico sarebbero dei piatti copisti, artigiani dell’immagine, scadendo così in quel genere di pittura che da lungo tempo la fotografia ha sostituito. Una maniera artistica che svolge un gravoso compito disciplinare di grande impegno che rende le opere frutto di un lungo eroico lavoro fuori dalle normali concezioni di tempo passato a dipingere che al giorno d’oggi si impiega per l’esecuzione di un quadro moderno. Un genere sottostimato e spesso dimenticato, è un mondo a parte da quello artistico in voga che merita considerazioni ormai desuete.
In questo clima difficile e ostile Benjie sogna e realizza opere che hanno trovato in un ambiente di altrettanto sogno un matrimonio perfetto tanto che i confini tra la mostra e l’ambiente surreale di Mirabilia quasi non si percepisce. Mi riferisco a quello che nello specifico suscita Mirabilia di Giano Del Bufalo, sontuoso locale di stravaganze antiche difficile da descrivere perché ha nella originale particolarità sempre protesa all’estremo il suo fascino.
Mirabilia è composto da sale concatenate, come se fossero stanze di un esoterico palazzo nobiliare o di un bizzarro museo dove si incontrano teschi di animali, pietre preziose, fossili di piante preistoriche, tessuti pregiati, mobili, libri ed oggetti di raro antiquariato e tante curiose stranezze che vengono fuori da ombrose pareti, gli stessi scenari che trovi magicamente ripetuti dalle nature morte di Benjie.
Infatti se i suoi quadri non fossero bidimensionali sembrerebbero delle protesi degli stessi oggetti esposti, quasi difficili da distinguere al di fuori da quel tipico fondo scuro caravaggesco, ad ingombrare, a te davanti, lo spazio circostante. Volendo, le tele di Benje si potrebbero interpretare come degli specchi che riflettono alcuni angoli dello stesso locale ed è qui che si scatena l’illusorio, la suggestione, la scenografia teatrale dal sinistro aspetto gotico di cui è pregna l’ambientazione, sensazione che rende la mostra particolarmente intrigante.
Se avete intenzione di fare una passeggiata alla Agatha Christie per indagare con scrupolo e scoprire misteri sfiziosi il percorso offerto da Mirabilia è forse quello giusto.
(foto di Gianni Carbotti)
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