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26/12/24 ore

Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova


  • Giovanni Lauricella

Nel corso delle sue prime imprese all’estero, in Italia (1796) e in Egitto (1798 – 1801), Napoleone fece due “bottini” famosi: in Egitto, come sappiamo, la stele di Rosetta che permise la traduzione dell’antica lingua egiziana e, prima ancora, durante la campagna d’Italia, la sistematica appropriazione di una considerevole quantità di opere d’arte scelte tra le più famose, con le conseguenze che troverete esposte qui di seguito.

 

L’Italia pagava così un inestimabile prezzo per l’occupazione napoleonica che, benché da molti fosse vissuta come una liberazione, ebbe pochi altri esempi paragonabili nella sua storia in termini di danni al patrimonio artistico. Ma c’è di più: come del resto la mostra ben delucida, la paziente e scaltra opera di recupero dei tesori d’arte, compiuta dopo la caduta di Napoleone ad opera di Canova in quanto esperto designato  ad hoc dallo Stato Pontificio, cioè dal Card. Consalvi, segretario di stato di Pio VII, diede l’avvio alla tutela giuridica del patrimonio culturale, sentito nel suo complesso come parte integrante dell’identità nazionale. Mi riferisco qui all’editto del Card. Pacca (1820), considerato dagli studiosi di diritto dei beni culturali come il nucleo fondante della tutela giuridica di questi.

 

C’è da riconoscere d’altronde a Napoleone il merito di una grande visione, improntata alla sua tipica grandeur: aver voluto raccogliere al Louvre le opere d’arte più rappresentative della cultura europea (che ovviamente provenivano dall’Italia, culla delle arti) doveva dare alla centralità di Parigi e della Francia una prospettiva imperiale che andava oltre i confini della Francia per attingere ad una dimensione europea. Di contro la restituzione delle opere trafugate ai legittimi proprietari, i principi e i sovrani della Restaurazione, fu sentita dai medesimi come un trionfo patriottico. Gli istituti museali che accolsero le opere furono considerati depositari di valori identitari e strumenti di educazione del buon cittadino (nello spirito della Restaurazione, ovviamente).

 

Quello che venne fuori fu paradossalmente l’origine statalista del museo moderno e delle accademie: questo da noi avvenne grazie ad un grande ed illuminato artista quale è stato Canova, che nella sua mission quasi impossibile ( per ottenere dai francesi la restituzione delle opere fu necessaria la raccomandazione di Metternich) riuscì ad essere anche il più abile  diplomatico  che si conosca in tale campo.

 

 

Il delicato passaggio dell’istituto del museo da collezione privata del regnante o del porporato o del privato alla apertura, sia pure selettiva all’uso pubblico, si era già compiuto in Europa tra XVII e XVIII cioè nel cosiddetto Ancien Régime, ma ovviamente esso ebbe una accelerazione dopo il 1789, applicando quei dettami democratici insiti nella rivoluzione francese.

 

Quale migliore influenza poteva avere il regime napoleonico se non quella di giustificarla con un’elargizione al popolo (o meglio ai popoli europei sottomessi) del meglio che ci poteva essere allora? Figuriamoci se una grande occasione del genere se la sarebbe lasciata sfuggire l’uomo che più di tutti voleva coronare il proseguo del successo della rivoluzione e delle proprie inesauribili brame di potere. Un’operazione culturale che dava al politico Napoleone più prestigio di una serie di vittorie in campo e un consenso popolare notevole. La vicenda del bottino portato a Parigi come trionfo della spedizione in Italia fu manifestazione giubilare di una potenza appena nata che acclama il condottiero vittorioso, che poi, sempre a coronare prestigio francese, saprà fare dei tesori rapiti il veicolo di una nuova visione culturale.

 

Verrebbe da dire: viva Napoleone, ma adesso che sappiamo del Card. Consalvi e Canova, che hanno saputo battere un imbattibile stratega ci fa venire in mente un premio mai esistito “Il Macchiavelli”. E viva anche il Louvre che ha ceduto una parte delle opere italiane, forse per quella concezione culturale che oggi si chiamerebbe museo diffuso, il che in questo caso vorrebbe dire fuori dalla Francia, cioè diffuso in quella Europa che Napoleone intendeva assoggettare.

 

Segnalo alcune opere che sono arrivate in prestito la Madonna con il Bambino in trono fra i santi Tommaso d’Aquino, Maria Maddalena, Caterina d’Alessandria e Giovanni Battista di Nicolò Rondinelli, restaurata mediante i finanziati dalle Scuderie stesse in occasione della mostra, e le due tavolette con l’Annunciazione di Taddeo di Bartoloe la lastra funebre di Guidarello Guidarelli - commissionato dagli eredi Rasponi Dal Sale a Tullio Lombardo - statua culto che, secondo la leggenda popolare, le donne che lo baciano si sposeranno entro un anno.

 

 

Una mostra all’insegna della grande bellezza, dunque, questa allestita alle Scuderie, di straordinaria importanza storica sia per il tema trattato sia perché realizzata con la collaborazione del Museo del Louvre,  e qui, bisogna dire che un premio alla diplomazia se lo meriterebbe anche il curatore.

 

Il percorso ragionato della mostra ne riflette la complessità, purtroppo con qualche confusione tra il criterio tematico e quello cronologico: evidenzia alcuni nuclei tematici, quali il ritorno delle opere, il mito dell’Antico e del Rinascimento, le scuole rappresentate (Bologna e Venezia con Tiziano, Veronese e Tintoretto), alcuni istituti come la Pinacoteca di Bologna  e l’Accademia di Venezia, e infine l’affiorare nella coscienza civile degli italiani dell’Ottocento dell’orgoglio culturale. A parte viene trattato il caso di Brera, che rappresentava la versione italiana del Louvre nell’Italia napoleonica. Si chiude alla grande con la Venere Italica di Antonio Canova, vero nume tutelare della mostra.

 

Rimanendo in questioni francesi, pochi giorni fa è stata presentata la programmazione per il 2017 della Accademia di Villa Medici, che propone numerose novità con l’intenzione di aprire questa istituzione ancora di più che in passato alla cittadinanza romana. Un programma veramente enorme per le varie iniziative che quest’anno offrirà tante mostre caratterizzate al femminile. Ricordiamo che parliamo di una nazione gravemente ferita dal terrorismo, che invece di chiudersi nella paura offre il meglio che può con slancio e notevoli aperture al pubblico.

 

Tra gli annunci c’è stato anche il ripristino del prestigioso giardino di villa Medici che ha avuto nel tempo numerosi riconoscimenti e premi per l’incredibile bellezza, dovuto al fatto che molte piante di alto fusto sono troppo vecchie e anche malate. Quello che dispiace è che verranno abbattuti anche quei pini giganti con la caratteristica forma ad ombrello che hanno fatto da cornice  iconica alla villa più bella che abbiamo, ma non essendoci altro rimedio approviamo il rigore, che dovrebbe essere applicato a tutta la città, sempre più preda del degrado.

 

Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova

Dal 16 dicembre 2016 al 12 marzo 2017

Alle Scuderie del Quirinale, Roma

 

 


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