Multum in parvo è la nuova mostra della rassegna d’arte The Format-Nomad Contemporary Culture Gallery dell’artista Giorgio Milano con la cura di Valerio Dehò.
Nella splendida cornice del Palazzo S. Chiara sono presenti nove opere di vario formato che narrano prevalentemente una forma molto semplice, circolare, che nella mostra si afferma ossessivamente con la sua costante presenza, come se fosse oggetto di una indagine sulla spazialità del cosmo, che l’artista Giorgio Milano ridefinisce con un ricamo floreale che ne scompone la compattezza.
La superficie dei quadri è ricoperta da una tela traforata conferendo così alla forma posta al centro un aspetto alleggerito, quasi sospeso e con volute deformazioni, date da una apposita modellazione della monocroma decorazione, che offre visioni tridimensionali e prospettiche. Forme astratte che, nonostante la ricchezza di particolari, non dimostrano altro che la definizione della superficie che ricoprono, creando un aspetto minimalista proprio come dice il titolo Multum in parvo.
Una semplicità che, se si vuole, tracima nell’indagine della complessità, se si considerano tutti gli elementi cromatici che animano lo sfondo, in un gioco da interpretarsi come “ l’uno o l’altro, l’uno e l’altro”: gioco semplice e complesso che in un senso metaforico potrebbe somigliare al movimento elastico della molla che va in tensione sia nei momenti che la comprimono che in quelli che ne rilasciano la forza.
Trovarsi di fronte alle opere di Giorgio Milano riporta alla memoria effetti del tipo optical art anche se lui si discosta totalmente da questa corrente artistica.
Nel testo di presentazione sono stati citati Borges, Boccioni, Duchamp, ma mi permetterei di scomodare anche altri personaggi - molto differenti dall’artista Giorgio Milano per riferimenti formali - come Renato Mambor e Cesare Tacchi, che tanto usavano il fondo damascato negli anni ’70.
Ma ciò che più mi ha divertito della mostra è la strisciante suggestione, che inaspettata anima sottotraccia il carattere sacro-profano e teatrale offerto dallo spazio espositivo, che dà a chi vede quelle marziane forme circolari l’impressione di strane aureole di una dimensione spiritistica, isolate e solitarie al centro dei quadri, che animano e trasformano l’ambiente.
Aureole vaganti che volano sospese sopra santi inesistenti, sospese nel vuoto o su dei fantasmi, aureole di un mito di santità che stenta a sussistere pure per chi ha fede. Ma le aureole stesse potrebbero, nell’anno del giubileo che sta per finire, essere interpretate a rafforzo di un ipotetico mondo religioso, talmente fantastico e assurdo che si potrebbero anche plasmare ad irrisione e a scherno di tali feticistiche superstizioni, immaginandole come ex-voto o simbologia simile che adornasse e impreziosisse le pareti del Sacro Tempio trasformando il Palazzo S. Chiara in un’istallazione satirica sul Giubileo …
Mi accorgo però che qui vagheggio multum e di conseguenza torno modestamente in parvo.
Multum in parvo
di Giorgio Milano
con la cura di Valerio Dehò.
Palazzo S. Chiara, Roma
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