Chi è che protegge? Chi viene protetto? E da che cosa? E’ il quesito che Virginia Ryan pone a chi visita la sua mostra a Montoro 12 Contemporary Art un pretesto per scrutare le anomalie sociali che affliggono il XXI secolo.
Un compito arduo a cui l’australiana Virginia Ryan è abituata da tempo per le sue esperienze artistiche avute in luoghi particolari per un attività del genere come la Costa d’Avorio o a Trevi in Umbria. Diversi anni di lungo studio per un “lavoro ibrido che evoca diversi livelli di significato”.
Scudi che secondo l’artista sono quelli alzati a protezione di una società chiusa agli eventi storici che abbiamo in corso, una società che non si apre che non accoglie che non coglie la grande opportunità culturale rifugiandosi nell’ignoranza di una conoscenza esclusivista che non permette influenze esterne.
Le migrazioni e la globalizzazione che destabilizzano le tradizioni e le identità culturali causano la non accettazione delle differenze; difese, scudi per l’appunto che Virginia Ryan combatte.
Arte militante, arte dal forte significato politico, opere dirompenti di quello che è l’assetto sociale italiano o occidentale. Un accusa ai nostri politici che non guardano a quello che accade fuori i nostri confini.
La cosa intrigante, forse l’ibrido di cui parla la sua presentazione è che invece di mettere scudi italiani o quelli tipici europei Virginia Ryan, come in un lapsus manus di freudiana memoria, mette scudi tipici africani, cioè quelli che i guerrieri africani usano per fronteggiare nemici che si presume siamo noi occidentali.
Parapraxis che scompagina e disorienta lo spettatore, una fehlleistung che compone una ricerca che evoca gli accadimenti che dettero gli inizi dell’arte contemporanea, un erinnerug, quel lume della memoria che ti da lo stimolo a trovare nuove strade: Picasso con le maschere africane trova la nuova rappresentazione dell’arte o gli oggetti appesi sulle reti e le sabbie colorate lasciate cadere sul suolo trovate nel ritiro da Jackson Pollock fra i nativi Americani, gli sciamani del deserto nel centro America diventano la tecnica della nuova pittura. ecc. ecc.
Nella mostra è anche compreso il forte lavoro “Voyager”, così come una serie di collage fotografici che mettono in relazione la nuova serie di lavori con la precedente “Mami Wata”, in mostra nella bipersonale Surfacing - Frédéric Bruly Bouabrè e Virginia Ryan, presso il Lavatoio Contumaciale, dal 19 al 29 maggio 2016.
Un catalogo della mostra con testi di Achille Bonito Oliva, Osei Bonsu e Ursula Hawlitschka, sarà disponibile nel mese di giugno.
Virginia Ryan – I Will Shield You
a cura di Ursula Howlitschka
12 maggio – 25 giugno
Montoro 12 contemporary art
Via Montoro 12 Roma
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