Sono così preponderanti le figure di Achille Bonito Oliva e dei suoi "moschettieri": Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Nicola De Maria e Mimmo Paladino che quando nominiamo la Transavanguardia pensiamo ad un movimento tutto italiano.
Ma se facciamo mente locale Jean-François Lyotard nel 1979 pubblica "La condizione postmoderna" dove costatava che alle grandi narrazioni sono subentrate una molteplicità di piccoli racconti e che, aggiungo io, nell’ambito dell’arte visuale si torna alla pittura, cioè alla menzione del quadro come piccolo racconto, "istintivamente" per reazione a tutto quello che avveniva nell’arte e nella società.
E non a caso nella "barbarica" Germania abbiamo il trionfo di tale tendenza con i Neuen Wilden, un movimento che è anche comportamentale: droghe, alcool, sesso sfrenato, oscenità e provocazioni sino all’inverosimile.
Eppure è proprio questo il movimento che suffraga l’importanza della Transavanguardia italiana che si ufficializzò nella Biennale di Venezia dell’80’.
Non a caso fu nel 1982 che Achille Bonito Oliva presenta alla Galleria Nazionale di Arte Moderna della Repubblica di San Marino "La Transavanguardia tedesca" che riuniva artisti come :Baselitz, Immendorff, Kirkeby, A.R. Penck e Lüpertz, proprio a rimarcare le affinità con il movimento italiano.
Un tema storico che non può essere sintetizzato in poche righe ma che è venuto fuori in maniera chiara e leggibile in un’interessantissima mostra all’Art Forum Würth Capena che, pur essendo un’esposizione di quadri e sculture di due soli artisti, rivela tutta la sua notevole importanza storica.
Sessanta opere tra dipinti e sculture mettono in parallelo Mimmo Paladino e Markus Lüpertz, due importanti artisti della Transavanguardia che offrono così l’occasione per conoscere questo particolare risvolto della cultura europea.
Mentre l’artista tedesco appare marcatamente più forte nella caricaturale caratterizzazione della figura, più violento e oscuro nel colore, più aggressivo e drammatico nella pennellata, Mimmo Paladino appare come più "raffinato",così pure nelle sculture, con un attenzione rivolta verso l’archetipo quello da cui abbiamo avuto il mondo classico.
Se si ricordano le provocazioni pittoriche politico sociali di Baselitz, già recensito tempo fa nella medesima rubrica, le deformità dei personaggi di Markus Lüpertz non suscitano stupore più di tanto, lo stesso si può dire del personaggio che vomita di Mimmo Paladino, un atteggiamento artistico che allontana, che mette distante lo spettatore.
Paradossali riferimenti al classicismo, ritorno alla pittura ma sempre con una vena di irrisione e di scherno provocatorio che ha continuamente alimentato complessità ed ambiguità.
Forse sulla transavanguardia sono migliori le premesse di quello che è accaduto dopo, forse quando esordì con queste parole «La Transavanguardia c'est moi»: Achille Bonito Oliva, imitando Gustave Flaubert che s'identificava nella sua Madame Bovary, era già critico di questo movimento. Senza addentrarsi su tutti gli strascichi che ha lasciato dietro questo movimento la mostra "La Transavanguardia tra Lüpertz e Paladino" resta dal punto di vista storico una tra le più importanti che abbiamo avuto di recente.
La mostra è anche piacevole per lo spazio che mette a disposizione la Würth, che è luminoso, ampio e accogliente; le opere sono molto grandi e spettacolarmente fruibili, cosicché viene compensata la fatica dovuta alla distanza tra Roma e Capena.
La Transavanguardia tra Lüpertz e Paladino
opere della Collezione Würth
all'Art Forum Würth Capena
fino al 24 gennaio 2015
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