Si possono raccontare le più atroci tragedie ai bambini? A che età si può cominciare e come lo si può fare senza che i piccoli ne rimangano traumatizzati? E soprattutto come si può trasformare un incubo (purtroppo reale) in semplici disegni e rime delicate senza sminuirne o stravolgerne il significato?
A quasi settant'anni dal genocidio nazista, la trasmissione della memoria di quanto è stato è un problema vivo e più che attuale. E' già stato affrontato, sia dal punto di vista psicologico-accademico, sia nella pratica con racconti di vita vissuta da chi allora era in età scolare e attraverso film edulcorati (basti pensare al famoso “La vita è bella” di Roberto Benigni).
Le opere finora pubblicate, tuttavia, sono destinate principalmente a bambini che si avvicinano all'adolescenza, mentre “La storia della nonna bambina” di Susanne Raweh e di sua figlia Dafna Schonwald è per i più piccoli, coloro che ancora non sanno leggere o che hanno appena cominciato.
La Raweh durante la seconda guerra mondiale era una bambina ebrea che, insieme ai suoi genitori, fu costretta a fuggire dalla Romania. Con loro fu rinchiusa in diversi ghetti in un continuo trasferimento grazie al quale però riuscirono ad evitare i campi di sterminio. Venne poi separata dai suoi e soltanto a guerra finita i componenti superstiti della famiglia poterono riunirsi completamente.
Questa storia, già pubblicata in Israele nel 2004, è ora tradotta anche in italiano e stampata dalla Gilgamesh Edizioni in un libricino di poche pagine dove la protagonista-autrice, diventata nonna, si rivolge ai suoi nipotini in primis, ma a anche tutti gli altri giovanissimi con un linguaggio semplice e corredato da illustrazioni disegnate da sua figlia Dafna Schonwald alla quale va anche il merito di aver sollecitato la mamma a tramandare per iscritto le vicende di quel periodo.
Così, l'incubo di “cupi uomini dai capelli gialli, con addosso cappotti di pelle nera e alti stivaloni” che entrano di notte e portano via con la forza la “nonna bambina” e i suoi genitori, viene attenuato dalla descrizione dell'indole allegra (nonostante tutto) della piccola protagonista che anche nei momenti più bui non perde la voglia di “ballare, recitare e far ridere chi stava intorno a lei” in una saggia alternanza che coinvolge i lettori nella tragedia fornendo loro, però, gli strumenti adatti a capire che anche nei momenti più bui si può trovare la forza nella speranza di vedere un futuro meno doloroso; come nelle migliori favole che si rispettino, con la differenza che questa è una storia vera.
Elena Lattes
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