Il romanzo “Sotto il cielo di Spagna”, di Igor Patruno (Ed. Ponte Sisto), proposto al Club dei lettori della Libreria Raffaello di Napoli, è senz’altro un’opera poderosa e interessante. Come membro del Club ho letto il libro e sto aspettando con impazienza l’incontro con l’autore che è stato spostato a maggio per problemi sopraggiunti.
Il libro viene così presentato dalla casa editrice: “Agosto 1936, il capitano Bruno Mancini partecipa al gran ballo d'estate che si tiene ad Ostia, presso lo stabilimento Roma. Là incontra Galeazzo Ciano, ma anche Maria Luisa Locatelli, giovane moglie di un ufficiale italiano di stanza in Abissinia, rimanendone affascinato. Pochi mesi dopo, Bruno Mancini parte volontario per la Spagna, dove l'Italia e la Germania sostengono quattro generali ribellatisi al legittimo governo repubblicano. Che cosa lo spinge a prendere questa decisione? Non è fascista. Non stravede per Mussolini. È fedele alla patria pur non credendo in Dio. È un cultore di Ovidio e di Dante. Ha una relazione con la Locatelli, ma non ne è innamorato. Perché dunque questa smania di abbandonare la quotidianità?
Forse perché a Roma si sente superfluo e vuole mettersi alla prova, affrontare il pericolo, partecipare a un evento storico che considera fondamentale? Oppure c'è dell'altro? Qualunque sia la ragione, Bruno rimarrà deluso nelle aspettative e compirà un tragico percorso che lo condurrà all'esclusione, alla scoperta del dolore irrazionale insito in ogni guerra, mentre altri uomini vivranno delle ‘vite parallele’ che si intrecceranno tra loro”.
Colpisce la capacità dell’autore di immedesimarsi talmente nel personaggio di Bruno Mancini, nei suoi pensieri e azioni, da farci rivivere fatti e personaggi dell’Italia e della Spagna anni ’30: balzano dalle pagine del libro Franco, Mussolini, Ciano e tanti altri politici e generali, la descrizioni delle battaglie, ma anche letterati, come Pablo Neruda, Ernest Hemingway, George Orwell, e reporter come Robert Capa e Gerda Taro coraggiosi fotografi, testimoni di un’orrenda guerra.
L’inizio di ciascun capitolo del romanzo è preceduto da bei versi, poiché la poesia esalta ed eleva il significato della prosa donando un tocco colto e raffinato. Colpisce, inoltre, la dedica alla memoria di suo padre, “soldato a Rodi, prigioniero a Norimberga, partito dall’Italia nel 1939 e rientrato nel 1946“. Sotto il cielo di Spagna, in effetti, raccontando i tragici eventi della guerra civile spagnola, persegue l’obiettivo di far riflettere le nuove generazioni sugli errori del passato in modo che possano rigettare eventuali nuovi conflitti.
Oggi, come ieri, se non si tiene alta la guardia, le guerre possono ritornare in un’Europa che da anni è in pace. La guerra civile spagnola fu il prodromo della seconda guerra mondiale, come Patruno ha racconta a Radio Radicale in un’intervista (11 Aprile 2019): l’idea di scrivere il libro gli venne leggendo un racconto di Leonardo Sciascia, L’antimonio, inserito nella raccolta Gli zii di Sicilia (Einaudi, 1958), la storia di un povero minatore siciliano che va a combattere in Spagna, non per ideologia, ma per fame.
“La guerra civile spagnola ha tutte le caratteristiche di una guerra moderna - ha affermato Patruno durante l’intervista - c’è la tecnica, e c’è anche lo scontro e il confronto con la natura. Per esempio nella battaglia di Guadalajara piove per quasi tutto il conflitto. Sembra quasi che la natura si ribelli all’uso sconsiderato della tecnica. Infatti, le armi si inceppano. I carri armati, pur moderni, restano impantanati. Come se la natura si rifiutasse che la tecnica venisse utilizzata solo per portare orrore. E poi c’è un altro aspetto. Dopo aver combattuto, il protagonista Bruno Mancini si ritrova in Francia, al cospetto di qualcosa di molto importante, che riguarda anche i nostri giorni: gli scampati di Bilbao (dove ci furono molte fucilazioni sommarie) salgono su alcuni motopescherecci e tentano di raggiungere le coste francesi.
Alcune imbarcazioni affondano, come accade alle nostre latitudini ancora oggi, e il governo francese manda quelle che oggi chiameremmo “navi militari d’altura” a recuperarli. E questo suscita una serie di problemi, di perplessità. Siamo in piena estate, immaginatevi i ricchi turisti dell’epoca, tedeschi, inglesi, americani, nei luoghi di villeggiatura francesi, che si ritrovano ad assistere al recupero di questi fuggitivi. Le autorità francesi sono preoccupate, perché pensano che tutto questo possa portare un danno all’economia, perché lo stato sta spendendo molti soldi per l’accoglienza. Ci sono, in definitiva gli stessi temi che ritroviamo oggi”.
Ecco l’intervista.
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